Istantanea Pier Vittorio Buffa

Tutti dalla stessa parte

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Oggi, 24 marzo 2009, è il sessantacinquesimo anniversario dell'eccidio delle Fosse Ardeatine.

Ed è il primo anniversario in cui il presidente della Camera dei deputati, Gianfranco Fini,  e il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, sono politici che hanno militato nel Movimento sociale italiano. Il partito fondato dai fascisti di Salò, gli stessi fascisti alleati dei tedeschi ai tempi dell'eccidio.

Tutti e due, Fini e Alemanno, hanno detto cose belle e giuste, assolutamente condivisibili.

Ma che possono irritare proprio per la storia delle persone che le hanno pronunciate. Possono suonare false o ipocrite.

A me, per un momento, hanno fatto proprio questo effetto. Ma poi, dopo un attimo di riflessione, ho sorriso.

No, nessuna irritazione. Solo il sollievo, vero e profondo, di constatare che oggi in Italia tutti, o quasi, di fronte a una commemorazione del genere, sono dalla stessa parte. Almeno sino a prova contraria.

Vietato castrare

Si torna a parlare di castrazione chimica, la Lega la propone per stupratori e pedofili con un emendamento al decreto sulle ronde e la sicurezza.

Vorrei dire alcune cose molto semplici.

1. Lo stato non può imporre, o barattare, alcun tipo di pena "corporale". Non si possono fare distinzioni né per tipo di pene, né per tipo di reati. E' un principio che ha impiegato millenni e millenni per essere riconosciuto e, per me, resta intangibile, non disponibile, intoccabile.

2. Lo stato deve farsi carico della neutralizzazione di soggetti pericolosi con gli strumenti che la legge gli fornisce: il carcere per isolare dalla società e, contemporaneamente, rieducare.

3. Se un cittadino, cosciente dei propri problemi, chiede che si intervenga sul proprio organismo è giusto che la sua richiesta venga esaudita. Ma in cambio di niente.

Bisogno di giustizia

Io non so chi sono gli stupratori della Caffarella e se è giusto che i due romeni siano stati scagionati. O, meglio, ho una mia opinione, ma qui non ha nessuna rilevanza.

Questa vicenda mi ha fatto però riflettere su un altro aspetto di questa brutta storia.

La cosidetta, e legittima, "pressione dell'opinione pubblica" ha fatto muovere gli investigatori con grande rapidità e pochi minuti dopo l'arresto dei due sospettati la notizia è arrivata come una saetta sul web seguita a ruota dalle foto dei "mostri" arrestati.

Pochi dubbi e molte certezze perché giustizia sembrava fatta.

Poi le cose sono andate diversamente, le prove non sono state univoche, la confessione ha vacillato e siamo ancora in attesa di conoscere la verità.

La riflessione è semplice. Quando quello che viene definito il bisogno di giustizia prende il sopravvento su elementari regole di prudenza e rispetto degli individui vuol dire che qualcosa non funziona nel rapporto tra i cittadini e le istituzioni. E che anche noi giornalisti abbiamo le nostre colpe.

No, mai

Ci sono dei momenti in cui penso sia dovere di ciascuno di noi dire quello che pensa e comportarsi di conseguenza. Anche, e soprattutto, se è un cittadino qualunque, un semplice elettore. E anche a costo di dire delle ovvietà.

Questa mattina, 11 marzo 2009, è uno di quei momenti. I giornali titolano: Berlusconi propone: in Parlamento votino solo i capigruppo.

Ecco, io, come semplice elettore del Parlamento italiano, dico no, mai.

E non voglio nemmeno spiegare il perché.

Il condonissimo

Ieri sera ero in pizzeria. Al tavolo accanto sedevano due coppie, direi tra i 35 e i 40 anni. Parlavano e ridevano, come si fa in pizzeria la domenica sera e non ho fatto caso ai loro discorsi.

Poi si sono fatti seri proprio nel momento in cui, per pochi minuti, sono rimasto da solo, quindi in silenzio. Ho colto e memorizzato alcune frasi.

"Si, il balcone lo copro sicuro".

"Io pensavo ad aprire il tetto per fare un terrazzino, mi costerà un po', ma ne vale la pena".

"Ma nessuno ha detto che si possono aprire terrazze nel centro di Roma"

"Si, vabbeh, ma chi vuoi che controlli".

Ecco, è per questo che la legge annunciata dal governo sul "piano casa", è un "condonissimo", come lo ha battezzato Giovanni Valentini su Repubblica.

Perché crea un senso di impunità generalizzato ancor prima che il provvedimento venga varato. Un po' come le amnistie o i condoni fiscali annunciati.

E questo non va bene. Non è quello di cui il nostro paese ha bisogno.

Se i carabinieri dicono no

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I carabinieri hanno preso posizione, di fatto, contro un provvedimento del governo.

Il Cocer, l'organismo di rappresentanza dei militari dell'Arma, ha spiegato come la misura delle ronde sia impraticabile "sull'impianto sicurezza che opera nel nostro paese". E come non si possano "istituire ronde di vigilanza quando nella Polizia di Stato e nell'Arma dei Carabinieri mancano quasi 10 mila uomini".

Spero davvero che questa presa di posizione non venga sottovalutata. Che il presidente della Repubblica e, soprattutto, il presidente del Consiglio, ai quali i carabinieri hanno chiesto un incontro, ascoltino attentamente quello che gli uomini dell'Arma hanno da dire.

E ora un decreto per abolire il divorzio

Io non so se davvero le centrali nucleari sono diventate super sicure.

So però che non è stato risolto il problema delle scorie e che il vantaggio economico di produrre energia elettrica con il nucleare è tutto da dimostrare.

E so un'altra cosa. Che nel 1987 gli italiani hanno detto no, con un referendum, alle centrali nucleari.

Ecco, mi sarebbe piaciuto che prima di annunciare l'accordo con la Francia qualcuno avesse spiegato se e perché quel referendum non è più valido, quali sono le ragioni che hanno indotto a fare una cosa diversa da quella che decisero gli italiani. Insomma prima di stringere la mano a Sarkozy forse Berlusconi avrebbe dovuto parlare ai suoi cittadini.

Non foss'altro per rispetto verso una pronuncia referendaria.

Altrimenti domani potremmo trovarci con un bel decreto che abolisce il divorzio. E i giuristi potrebbero argomentare: è un referendum vecchio, le cose sono cambiate, il parlamento è sovrano...

No, le ronde no

No, le ronde no.

Lo dice il Vaticano, lo dice il diritto, lo dice il buon senso, lo dice la storia, lo dice il concetto stesso di democrazia.

Ma non basta.

Io vorrei sapere davvero, al di là dell'emozione e il raccapriccio per i singoli episodi,  qual è l'andamento dei reati in Italia. Quali sono diminuiti? Quali aumentati?

Io vorrei sapere, studiati questi dati, quali sono le politiche di prevenzione messe in atto.

Io vorrei sapere quali sono le zone a maggiore densità di reati (e di quali reati).

Io vorrei sapere se il governo ha già ottimizzato, e come, l'impiego delle forze dell'ordine sul territorio.

Saputo tutto questo comincerei a discutere su quello che si può ancora fare. Non servono mesi, basta un pugno di giorni ben spesi.

La protezione antistupro

Guidonia. La protezione civile organizza ronde contro gli stupri e la xenofobia.

Una notizia che ha un contenuto positivo e uno negativo.

Positivo. Gente normale va in prima fila, anche rischiando in proprio, per garantire un po' più di sicurezza ai concittadini.

Negativo. Quando le funzioni proprie delle forze di polizia vengono svolte da altri c'è qualcosa che non va nel sistema. Ed è qualcosa di molto serio che non riguarda solo chi sta al governo. Per questo, penso, anche da qui deve partire chi vuol fare opposizione seria e lungimirante. Cercando soluzioni più serie e stabili. Ma ugualmente rassicuranti.

Che il balletto non cominci

Il discorso di Walter Veltroni può diventare due cose.

Una mossa politica delle tante, capace solo di cambiare il vertice di un partito che si sta sfaldando.

Il gesto, politicamente coraggioso, di un leader che vuole una svolta storica nella sinistra italiana.

E questo non dipende da Veltroni ma dai dodici milioni di elettori del Partito democratico.

Se lasceranno che i vertici del Pd diano il via a un rituale balletto per la scelta del segretario il discorso di oggi sarà una mossa politica delle tante.

Se sapranno far diventare questa formazione politica disastrata un partito vero il discorso di oggi diventerà un gesto politicamente coraggioso

Punto e a capo

Questa mattina dovrei pubblicare una istantanea di Walter Veltroni, ma non lo faccio perché mi sembra che la regola che mi ero dato quasi due anni fa, quando aprii questo blog, non regge più. Scrissi allora: "Mi prendo il mio tempo per ragionare brevemente su una immagine, una parola, un gesto. Per isolarli dal resto. Per sottrarli, per quanto possibile, all’incalzare quotidiano".

L'incalzare quotidiano è diventato così intenso e decisivo per il nostro futuro che mi riesce difficile, direi quasi impossibile, sottrargli qualcosa su cui discutere e ragionare.

Questo blog, quindi, sta lasciando la strada disegnata il giorno della sua nascita per prenderne una che, per il momento, non ha un tracciato preciso. Andrà avanti a vista.

Come a vista devono andare avanti, da oggi, quei milioni di italiani che si sentono sempre più all'opposizione ma che non hanno uno stabile e forte riferimento politico.

Come sarebbe bello se...

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In questi giorni sono rimasto annichilito da tutto quello che è successo intorno a Eluana Englaro.

Uno stato di torpore dal quale mi ha fatto uscire una breve intervista fatta da Radio Capital al neurologo che aveva in cura Eluana, Carlo Alberto Defanti (nella foto). Ascoltare le parole di chi ha portato, accanto al padre, il peso umano e professionale di questo lungo percorso mi è servito a mettere in un angolo le urla di ieri sera e le orrende parole di Silvio Berlusconi. E mi ha fatto anche dimenticare, solo per un attimo, il dolore per questa morte.

Così ho pensato a come sarebbe bello se in Italia si potesse ragionare su una questione così delicata con serenità e con il rispetto l'uno dell'altro.

E ho pensato a come sarebbe bello che gli italiani punissero con il loro voto chi fa politica con il corpo e il dolore dei cittadini.

Ma ho anche pensato che è molto difficile che questo accada. Così, dopo aver letto l'articolo di Adriano Sofri su Repubblica, mi permetto di ripetere con lui: "Giù le mani da me, per favore".

Meglio morire

Questa istantanea è senza foto perché il piccolo sforzo che sto facendo non è fotografabile.

Sto cercando, da questa mattina, di immaginarmi immigrato clandestino ammalato.

Sono un immigrato per bene, che non ha rubato né ucciso né stuprato. Lavoro qua e là racimolando quanto basta per mangiare e pagarmi un letto. Ma adesso sono ammalato, ho una tosse che mi impedisce quasi di parlare, ho la pelle che brucia e non so cosa fare.

Ho sentito al telegiornale che adesso i medici possono denunciare noi clandestini ammalati. Prima ci curavano e basta, a me è già successo una volta. Adesso cosa succederà?

Io non posso rischiare, se mi denunciano è finita, meglio morire.

Ecco, me ne resto qui, sul materasso.

Il vuoto di Nettuno

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Qui, nel punto indicato dal carabiniere, a Nettuno, tre ragazzi hanno dato fuoco a un indiano.

Sarebbe troppo sbrigativo liquidare quest'assurda bravata come un atto di razzismo.

Sbrigativo e, in un certo senso, riduttivo. Perché dietro quel gesto, dietro le parole di uno degli aggressori ("solo uno scherzo al barbone, volevamo un'emozione forte per finire la serata") c'è molto di più.

C'è un qualcosa di diverso, difficile da capire, catalogare, descrivere. Per questo c'è di più: quella in cui va inserito il fattaccio di Nettuno è una categoria non nota.

Intolleranza? Culto della violenza? Mancanza di ideali e valori?

Si, forse c'è un po' di tutto questo. Ma le parole che più mi hanno colpito sono quelle con cui si esprime il desiderio assoluto e irrinunciabile, in quelle condizioni psico-fisiche, di "provare un'emozione forte".

Parole terribili che descrivono il vuoto di cui è piena la vita dei tre ragazzi di Nettuno.

Un vuoto che non è solo loro, ma di migliaia e migliaia di ragazzi della loro età. Un vuoto che a me fa paura e che non so chi e come potrà riempire.

Sono sicuro solo di una cosa. La scommessa per un "futuro migliore" parte proprio da qui, da questo vuoto che deve essere riempito.

La gogna delle manette

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E' giusto che un uomo, anche se condannato per omicidio, venga mostrato in pubblico con le manette ai polsi e che le foto finiscano sui giornali con i ferri in bella vista?

In rete se ne discute (qui, qui e qui) a proposito delle immagini di Cesare Battisti (nell'istantanea di oggi) ammanettato. Io dico no. Secco, senza appelli.

Un po' per fatto personale. Tanti anni fa mi è capitato di avere i ferri ai polsi, di venire ripreso e fotografato e di vedere pubblicate e trasmesse le mie immagini (la storia sintetica di quella vicenda la si può trovare qui alle date 9 e 11 marzo). Anche se sono stato ammanettato per aver fatto onestamente il mio mestiere garantisco che essere mostrato in quelle condizioni è una delle cose più brutte che possa capitare a un essere umano.

Un po' perché da allora (era il 1982) ad oggi la nostra cultura giuridica ha fatto molti passi avanti ed è stabilito per legge che è vietato pubblicare foto di persone ammanettate (Codice di procedura penale articolo 114, comma 6-bis) e così stabilisce anche un codice deontologico approvato dall'ordine dei giornalisti.

Un po' perché, anche senza fatti personali e leggi,  il semplice rispetto della dignità umana impone di far sparire le manette che arrivano in redazione. Quei ferri servono solo a impedire la fuga di un imputato o di un condannato. Non sono un segno di giustizia. Né possono essere utilizzati come una pena accessoria inflitta senza giudici e sentenze. Perché questo diventano i ferri mostrati in pubblico, stampati sui giornali, trasmessi dalle televisioni. Una pena accessoria che nessuno può comminare. A meno di non tornare ai tempi delle gogne.