La gogna delle manette
E' giusto che un uomo, anche se condannato per omicidio, venga mostrato in pubblico con le manette ai polsi e che le foto finiscano sui giornali con i ferri in bella vista?
In rete se ne discute (qui, qui e qui) a proposito delle immagini di Cesare Battisti (nell'istantanea di oggi) ammanettato. Io dico no. Secco, senza appelli.
Un po' per fatto personale. Tanti anni fa mi è capitato di avere i ferri ai polsi, di venire ripreso e fotografato e di vedere pubblicate e trasmesse le mie immagini (la storia sintetica di quella vicenda la si può trovare qui alle date 9 e 11 marzo). Anche se sono stato ammanettato per aver fatto onestamente il mio mestiere garantisco che essere mostrato in quelle condizioni è una delle cose più brutte che possa capitare a un essere umano.
Un po' perché da allora (era il 1982) ad oggi la nostra cultura giuridica ha fatto molti passi avanti ed è stabilito per legge che è vietato pubblicare foto di persone ammanettate (Codice di procedura penale articolo 114, comma 6-bis) e così stabilisce anche un codice deontologico approvato dall'ordine dei giornalisti.
Un po' perché, anche senza fatti personali e leggi, il semplice rispetto della dignità umana impone di far sparire le manette che arrivano in redazione. Quei ferri servono solo a impedire la fuga di un imputato o di un condannato. Non sono un segno di giustizia. Né possono essere utilizzati come una pena accessoria inflitta senza giudici e sentenze. Perché questo diventano i ferri mostrati in pubblico, stampati sui giornali, trasmessi dalle televisioni. Una pena accessoria che nessuno può comminare. A meno di non tornare ai tempi delle gogne.