Istantanea Pier Vittorio Buffa

Un video come questo

Un video come questo non deve far venire voglia di Far West, di giustizia fai da te. E nemmeno indurre solo a banali considerazioni sull'indifferenza dell'uomo comune.

Guardiamolo bene. Lì ci sono tanti cittadini italiani che vedono una loro concittadina strattonata e buttata per terra da uno scippatore ma che restano, più o meno, con le mani in mano.

Poi c'è un giovane di colore, che sicuramente non è cittadino italiano, che sta mendicando. Probabilmente è un clandestino. Ma non ha avuto dubbi. E' scattato in difesa della signora, ha cercato, da solo, di bloccare lo scippatore.

Un video come questo andrebbe fatto vedere a chi vorrebbe ributtare a mare chi arriva sulla nostra terra, a chi fa, sulla cittadinanza, ragionamenti da Ku Klux Klan.

Tanto per essere chiari io, a quel ragazzo, la cittadinanza italiana gliela darei subito. Magari togliendola a qualche presente, così si fa conto pari...

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Cos'è la memoria?

Oggi a Empoli, durante un incontro che ricordava le vittime delle stragi nazifasciste (Marzabotto, Sant'Anna di Stazzema, Padule di Fucecchio...), uno dei cinquecento studenti presenti mi ha chiesto che cos'è la memoria.

Io ho risposto con le parole più semplici che mi sono venute in mente.

"La memoria", ho detto, "è il sale di una comunità, il suo nutrimento, il suo tessuto connettivo. E' quello che dà a una comunità la forza di essere se stessa e costruire il proprio futuro".

Poi, dopo qualche ora che non lo facevo, ho riaperto i miei soliti canali informativi: twitter, i siti dei quotidiani, gli aggregatori...

Vi ho letto della battaglia del 38 per cento e del boia che un deputato del movimento 5 Stelle ha dato a Giorgio Napolitano E mi è tornata in mente la domanda alla quale avevo risposto poco prima.

"Coltivare la memoria", avrei dovuto aggiungere, "è anche avere rispetto per la nostra storia e per quello che siamo. Il voler cambiare l'Italia pensando prima di tutto al tornaconto personale non lo fa. Usare la parola boia nei giorni in cui si ricordano i milioni di persone morte per mano di veri boia, non lo fa".

Spero che lo studente che mi ha fatto la domanda abbia la ventura di leggere questa integrazione.

Carte

Berlusconi Silvio è tornato al centro della scena politica italiana.

Non ci possono essere dubbi sul fatto che sia questo uno degli effetti, per me perverso, per altri positivo, della fulminea azione di Matteo Renzi.

Ed è facile pronosticare, leggendo le simulazioni fatte sulla legge elettorale Renzi-Berlusconi (perché così va chiamata), che un altro effetto di quello che è accaduto in questi giorni sarà (in un modo o nell'altro) un riaccorpamento, sotto la potente ala berlusconiana, delle forze del centro destra, a cominciare dalla neonata formazione di Angelino Alfano.

Insomma. Quello che sta accadendo ha più il sapore di una partita di poker che di un confronto politico. E' come se Renzi e Berlusconi si fossero detti: "Facciamo in modo di giocarcela tra di noi: chi vince prende tutto, chi perde sparisce". Il che non è di per sé negativo, è comunque un tentativo, forse il più concreto di sempre, di fare chiarezza e rendere il paese governabile.

Tra oggi e il giorno dell'epilogo la partita va tutta giocata, vanno date le carte. Quindi tanto vale entrare nel merito.

Di un particolare della legge elettorale, non secondario, ma quasi decisivo non ho sentito parlare. La possibilità, per un candidato, di presentarsi in più collegi. Come sappiamo le liste sono "corte" e quindi ha molto peso la qualità del singolo aspirante deputato. Immaginiamo che Berlusconi Silvio si presenti in tanti dei 110 collegi previsti. L''effetto sul risultato sarebbe decisamente inquinato perché la presenza del leader farebbe scomparire la rilevanza degli altri candidati e si tornerebbe a un parlamento di nominati. Stessa cosa varrebbe, ovviamente se fosse Matteo Renzi a  candidarsi in più collegi. Si andrebbe a uno scontro solo tra leader e a un parlamento scelto non dagli elettori ma dagli stessi leader.

Ho estremizzato gli effetti, sono arrivato quasi a un paradosso, ma è per cercare di rendere l'idea della rilevanza della questione. E auspicare che non ci si possa candidare in più di un collegio.

Aggiornamento

Il testo presentato oggi, 22 gennaio, in commissione, vieta esplicitamente le candidature multiple.

Questa è la carrozza

Leggo sull'Huffington Post che il segretario del Pd Matteo Renzi, dopo una serie di contatti e trattative, avrebbe avuto una lunga telefonata con Berlusconi Silvio per parlare soprattutto di legge elettorale. E che il capo di Forza Italia si sarebbe detto disponibile a discutere di "sistema spagnolo" e/o "Mattarellum modificato", non del "doppio turno alla francese".

Confesso che la cosa mi preoccupa perché mi riporta al passato. Ai giorni in cui Massimo D'Alema sottoscrisse il cosiddetto patto della crostata che ebbe come unico e, per una buona parte degli italiani, drammatico effetto di rimettere le ali a Berlusconi .

Certo. I tempi sono diversi, la storia sicuramente suggerisce cautela, Renzi ha dichiarato obiettivi chiari e condivisibili.

Ma mi chiedo: non sarebbe meglio trovare un accordo con le forze che attualmente costituiscono la maggioranza di governo e poi dire a chi sta all'opposizione (cioè, essenzialmente Forza Italia e Cinque Stelle): questa è la carrozza, ci volete salire? E se si dovesse  arrivare a una proposta di legge elettorale che piace a Berlusconi Silvio ma non al Nuovo centro destra di Angelino Alfano non si darebbe soltanto nuovo ossigeno a un Berlusconi che dovrebbe avere, come principale impegno del proprio futuro, solo quello di scontare la pena inflittagli per frode fiscale?

 

Tangenti e insegnanti

Dai giornali di stamattina:

L'Aquila, tangenti sulla ricostruzione,

Via 150 euro al mese agli insegnanti.

Due facce diverse di un paese che deve cambiare.

La prima fa allargare le braccia, leggendola sembra quasi di leggere un non-notizia, tanto è prevedibile che dove ci sono soldi pubblici ci siano tangenti e corruzione. E invece dobbiamo continuare a indignarci. Perché ci sono stati i morti, perché ci sono migliaia di persone dalla vita rovinata, perché una città straordinaria è lì con qualche cantiere e molti puntelli, perché, come scrive sul Centro Giustino Parisse, che il 6 aprile 2009 ha perso i due figli e il padre, "La notte del terremoto ridevano anche alcuni aquilani". Mi piacerebbe vedere il Pd di Matteo Renzi depositare e mettere in corsia preferenziale una legge che commini pene esemplari per reati come questi. Pene capaci, una volta per tutte, di scoraggiare davvero e punire come mai.

La seconda notizia, quella sugli insegnanti, l'ho riletta due volte. Dicono che è un "atto dovuto" dell'amministrazione sulla base di norme emesse, ritirate, cambiate, nuovamente modificate. No, non si gioca così sulla pelle delle famiglie. Gli "atti dovuti", quando si tratta di temi così rilevanti, non esistono. Il ministro ne era stato informato? E il presidente del Consiglio? Se hanno dato il loro assenso hanno commesso un atto quanto meno ingiusto e politicamente sbagliato.  Se non sono stati informati chi ha dato il via all'"atto dovuto" dovrebbe renderne conto personalmente, perché ha dimostrato di non saper valutare la rilevanza degli atti che compie.

Aggiornamento. Nella mattinata di oggi, 8 gennaio, il governo ha annunciato che non verranno tolti i soldi agli insegnanti. Una buona notizia che non cambia però la sostanza delle considerazioni su quello che è successo.

Cattivo pensiero

Mi preoccupa l'intensificarsi delle dure critiche al governo Letta da parte del Partito democratico.

Si badi bene. Le critiche sono più che meritate, i pastrocchi di queste ultime settimane  sono stati troppi, un mutamento radicale di rotta si impone, i temi sul tappeto, posti con chiarezza da Matteo Renzi, vanno affrontati e non elusi. Con o senza rimpasto.

Ma non vorrei che quest'attivismo antigovernativo nascondesse qualcosa di diverso e, per il momento, non dichiarato. Un'accelerazione verso la fine prematura della legislatura per andare a votare  a maggio prossimo (le europee sono fissate per il 22-25 maggio) con una legge elettorale fatta in fretta e furia. Accelerazione messa in atto per sfruttare l'abbrivio del grande successo di Renzi alle primarie.

Spero davvero di aver fatto un cattivo pensiero perché da un percorso del genere, per ora, vedo solo conseguenze negative.

Tre su tutte le altre:

  • L'ulteriore rinvio di una qualunque incisiva azione per combattere la crisi.
  • L'ulteriore rinvio di una qualunque riforma istituzionale (bicameralismo, numero di parlamentari, province...).
  • Il semestre italiano di presidenza Ue, che inizia il 1° luglio, affrontato con un governo appena insediato e un paese bloccato da quasi sei mesi di campagna elettorale.

 

 

 

Regalo di Natale

Buon Natale a tutti gli amici del blog.

E come ogni Natale che si conviene esprimo un desiderio, un piccolo regalo che mi piacerebbe trovare sotto l'albero.

Mi piacerebbe trovarvi persone vere e non nomi di fantasia. Persone che, con il proprio nome e cognome, utilizzino questo blog per discutere, polemizzare, ragionare, proporre, ascoltare.

Tutto avrebbe più valore. Tutto si svolgerebbe con maggior rispetto reciproco.

Spero che il mio desiderio venga esaudito.

Grazie e tanti auguri.

 

La notizia più bella delle altre

Amnesty International ha stilato un elenco delle 12 buone notizie del 2013 per quel che riguarda la tutela dei diritti umani.

Le si possono trovare qui: le buone notizie secondo Amnesty.

Leggiamole e diciamoci quale, secondo noi, è la più bella di tutte. Non è un gioco, ma un modo per mettere alla prova le nostre diverse sensibilità e il nostro diverso modo di sentire.

Io le ho lette e rilette con il piacere di vedere che nel mondo, ogni tanto, qualcosa gira per il verso giusto.

Alla fine, in una sorta di ballottaggio, ne sono rimaste due: le scuse del Regno Unito, con relativi rimborsi, per il massacro dei Mau Mau (90 mila morti) e l'abolizione della pena di morte nel Maryland.

La prima è di grande importanza perché è un'affermazione del principio della responsabilità oggettiva di uno Stato quando vengono violati i diritti umani di una popolazione, anche durante un conflitto.

Ma ho scelto la seconda, l'abolizione della pena di morte in uno stato americano, il diciottesimo. Perché un mondo in cui si possono uccidere, per legge, i propri simili è un mondo in cui non vorrei vivere. Ogni piccolo passo che riduce questa possibilità è un grande passo.

Capire, ascoltare, agire

Ieri, rientrando a Roma in macchina, sono rimasto in fila per un bel po' al casello di Orte. C'era un presidio dei "forconi" in entrata e uscita, traffico quasi bloccato, trattori sulla rotonda che smista il traffico da e per l'autostrada.

Non mi sono innervosito nemmeno per un nanosecondo perché ho pensato come ho sempre pensato. Andare in piazza a protestare, urlare la propria rabbia, sostenere le proprie idee è una delle manifestazioni del pensiero che una democrazia deve prevedere, capire, ascoltare.

Non tollerare, non subire. Ma capire e ascoltare.

Sta accadendo l'opposto.

Pochi si stanno preoccupando di capire e ascoltare.

Molti stanno cavalcando la protesta di questi giorni per ricavarne un immediato tornaconto politico.

Uno dei risultati lo si è visto stamattina. Poliziotti che gridano "prendeteli", ragazzi fermati per non si sa bene cosa .

Prima che sia troppo tardi bisogna capire e ascoltare. Ma soprattutto agire, agire subito, per cambiare quello che sappiamo tutti che deve cambiare.

Lo so, sono parole ovvie e vuote, ma oggi mi appaiono come le uniche possibili.

 

Due pilastri

Fa bene leggere, come si legge stamattina su Repubblica, che, all'interno del centro sinistra, si sta delineando un accordo sulle riforme istituzionali. Accordo che coinvolgerebbe sia la nuova formazione guidata da Alfano, sia Scelta civica e che quindi, sulla carta, potrebbe contare sulla maggioranza necessaria per procedere rapidamente.
E fa ancora meglio leggere che i due pilastri su cui si reggerebbe l'accordo sarebbero la scomparsa del Senato così com'è attualmente (e con lui, quindi, del nefasto bicameralismo perfetto) e una legge elettorale a doppio turno.
Superare l'attuale bicameralismo eviterebbe l'effetto "diversa maggioranza" tra due rami del Parlamento che hanno eguali poteri (con l'effetto paralizzante che ne deriva) e sarebbe un prerequisito per snellire, e di molto, il processo di formazione delle leggi.
Una legge elettorale a doppio turno consente, in linea di principio, una naturale ed efficace aggregazione tra forze politiche e una più chiara e inequivocabile individuazione del vincitore.
I due pilastri combinati insieme dovrebbero consentire alcune cose semplici, ma essenziali, che al nostro paese mancano da sempre: stabilità dell'azione di governo, rapidità dei percorsi legislativi, alternanza politica.
C'è solo da sperare che non siano, ancora una volta, fuochi fatui.

Né felice né triste

Oggi, 27 novembre, giorno della decadenza di Berlusconi Silvio da senatore della Repubblica, non sono né felice né triste.

Non sono felice perché essere felici quando si ascoltano discorsi così estremi non fa parte della mia natura.

Non sono felice perché quello che abbiamo visto oggi non è il preludio di un periodo sereno per il nostro paese.

Non sono felice perché avrei preferito che Berlusconi Silvio venisse battuto alle urne, venisse estromesso dalla vita politica per volere della maggioranza degli italiani.

Non sono felice, infine, perché è chiaro che Berlusconi continuerà a essere il capo di una forza politica non secondaria.

Ma non sono nemmeno triste.

Non sono triste perché una sentenza della magistratura che riesce, malgrado tutto, a essere applicata dà speranza sulla corretta separazione dei poteri nel nostro paese.

Non sono triste perché vedere subire una condanna penale da un uomo che è entrato in politica proprio per sfuggirne mi trasmette un senso di fiducia nei confronti della giustizia.

Non sono triste perché il 27 novembre potrebbe essere la data di nascita di uno schieramento politico moderato finalmente capace di alimentare il sano bipolarismo che il ventennio condizionato da Berlusconi Silvio ci ha negato.

Resistenza della quotidianità

Virginia Macerelli

Il 21 novembre è un anniversario importante. Settant'anni fa una compagnia della Prima Divisione paracadutisti della Wehrmacht, verosimilmente comandata dal capitano Georg Schulze, trucidava 128 cittadini di Pietransieri, un paesino dell'aquilano.

Sono passati poco più di due mesi dall'8 settembre, lo sbarco di Anzio non c'è ancora stato, la battaglia di Montecassino deve ancora iniziare e i tedeschi stanno rafforzando la linea Gustav per resistere all'avanzata alleata lungo lo stivale.

Pietransieri si trova proprio dietro questa linea e questa è la sua sciagura. La linea del fronte deve essere libera e i paracadutisti, per liberare  le campagne, non fanno sfollare, uccidono.

Quei giorni me li ha raccontati, l'anno scorso, una donna scampata all'eccidio, Virginia Macerelli (nella foto). Ne è scampata restando immobile sotto il corpo della mamma morta. Un incontro particolare ed emozionante quello con Virginia e suo marito. E' poi diventato un capitolo del mio libro Io ho visto e  Virginia, quest'anno, ha parlato direttamente con papa Francesco e, il 4 novembre, è stata ricevuta al Quirinale dal presidente Giorgio Napolitano. Di lei e della sua storia si sono occupati libri, giornali e siti. Questa mattina è stato Francesco Lo Piccolo sull'Huffington Post a dedicarle un lungo post.

Quello di Pietransieri è uno dei primi atti di quella lunga e sanguinosa guerra di cui poco si parla e di cui pochi hanno un'idea precisa. Gli storici l'hanno definita la guerra contro i civili, la terza guerra combattuta dai tedeschi in Italia accanto a quelle contro le truppe alleate e le formazioni partigiane. Dal 1943 all'aprile 1945.

Una guerra condotta in violazione di tutte le regole, uccidendo donne, vecchi, bambini. Per fare terra bruciata, per togliere l'appoggio delle popolazioni ai partigiani, per terrorizzare, per scoraggiare qualunque forme di resistenza.

I morti di questa guerra furono 15 mila,  forse 20 mila, nessuno li ha mai potuti contare con una certa esattezza.

Sono i morti di una "resistenza della quotidianità", come molti cominciano a definirla, combattuta da milioni di italiani. La resistenza di chi è rimasto al proprio posto a coltivare i campi, ad accudire vecchi e bambini, a dar da mangiare e dormire a chi combatteva in montagna. La resistenza di chi ha visto morire i propri cari accanto a sé e non ha tradito. Una resistenza combattuta senza armi ma con uno straordinario e silenzioso coraggio.

L'altro giorno, a Varese, Daniele Biacchessi ha detto a un migliaio di studenti raccolti in un teatro per sentir raccontare di quei tempi che è su queste vicende che si fonda la nostra costituzione, che queste storie "sono" la nostra costituzione.

Per questo, ha detto, vanno conosciute e ricordate, sempre.

Per questo, dico, dobbiamo parlarne, non dimenticare chi ha combattuto in silenzio quella terza guerra, non dimenticare la "resistenza della quotidianità".

Per questo dobbiamo amare tutte le Virginie d'Italia.

Sconsolante

Sto seguendo con un distacco che non mi è familiare le vicende legate al congresso, e alle primarie, del Partito democratico.

Mi sorprendo a scivolar via davanti ai titoli dei giornali, ai tweet, alle dichiarazioni. Quasi non volessi vedere e sentire.

Perché l'immagine che in questi giorni il Pd sta dando di se stesso è davvero sconsolante. Quando la gente normale sente parlare di iscrizioni pompate o di corsa alle tessere si allontana, prova fastidio, mette tutta la politica e chi la fa in un unico grande fascio.

E pensare che questa sarebbe la stagione più propizia perché il Pd punti a ottenere, l'8 dicembre, una partecipazione alle primarie come mai prima.  Per prepararsi a fare quella cosa che pare proprio non gli riesca: vincere una sfida elettorale con nettezza e serenamente.

Invece le previsioni già dicono che le primarie che eleggeranno il nuovo segretario del Pd avranno la partecipazione più bassa di sempre. E un vincitore, Matteo Renzi, non poco logorato da questi mesi di lotte interne.

Delle dimissioni di un ministro

cancellieri

Il caso Cancellieri, il ministro della Giustizia sospettato di interferenza in un procedimento giudiziario.

Parliamone non per ragionare sulla responsabilità o meno del ministro bensì per dire due parole sul significato e sul valore delle dimissioni di un membro del governo in una democrazia sana.

Dimettersi non vuol dire ammettere di aver sbagliato.

Dimettersi è un dovere che si impone nel momento stesso in cui un fatto incontrovertibile, come è la registrazione di una telefonata, getta un'ombra sulla correttezza dell'operato di un membro del governo. E gli toglie, in questo caso, uno dei requisiti essenziali del buon governo: la sicura imparzialità, l'accertata inflessibilità con se stessi nel trattare allo stesso modo gli amici come gli estranei.

Dimettersi è un esempio per tutti i cittadini, una tutela del valore della cosa pubblica, il massimo gesto di rispetto verso l'incarico di altissima responsabilità che si è chiamati a coprire per servire il proprio paese.

Dimettersi è, infine, un segnale di alta moralità. Chi si dimette può difendersi meglio, al riparo di speculazioni politiche. Potrebbe dimostrare la propria innocenza e buona fede. Potrebbe tornare alla cosa pubblica più forte di prima. Potrebbe dire a se stesso e a tutti: prima ho difeso il mio ufficio, che è molto più importante di me. Poi ho difeso la mia persona.

La seconda morte di Gibellina

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Sono andato a Gibellina, dove non ero mai stato prima, per vedere l'effetto che fa, dopo tanti anni, il cretto di Burri, il "lenzuolo" di cemento che ha coperto il paese del Belice distrutto dal terremoto del 1968.

E' un'opera d'arte enorme, una delle più grandi del mondo. Doveva e dovrebbe servire a non disperdere la memoria. Un omaggio perenne, o quasi, alle vittime di quella terribile giornata.

Oggi si arriva a "Gibellina vecchia" (la nuova è stata ricostruita, dopo anni di baraccopoli per gli sfollati, a  una ventina di chilometri di distanza) percorrendo una strada priva di adeguata segnaletica e abbastanza dissestata, in alcuni punti invasa dal fango.

Arrivati al cretto, al cemento che si stende sulla collina dov'era Gibellina, si viene presi da una stretta al cuore. Anzi, da una doppia stretta al cuore.

La prima la dà l'immaginazione. E' come se al posto del cemento si vedessero le case che non ci sono più. Come se uomini, donne, bambini percorressero ancora le stradine che oggi sono spaccature nel cemento, corridoi senza vita. Era la stretta che, sono sicuro, Burri voleva provocare, il fine primo e ultimo del suo lavoro.

La seconda stretta al cuore, la più dura, la dà la realtà. Se si guarda meglio il cemento, se dopo la prima emozione si osserva quel che circonda la grande opera d'arte ci si rende conto che l'incuria e l'abbandono stanno prendendo il sopravvento. Che Gibellina rischia di morire la seconda volta.

Nel cemento ci sono crateri. Piante e arbusti crescono qua e là indisturbati , anche qualche fico sta avendo la meglio sulle armature.

Intorno è deserto. Un piccolo cartello, stradine di accesso malconce.

Alberto Burri ebbe, probabilmente, un'idea geniale. Ma non fece i conti con la natura umana. Un'opera così va amata giorno per giorno, curata, mantenuta viva.

In paese, quello nuovo, ricordano ancora bene i vecchi che non volevano quel cemento. Avevano le loro rovine davanti alle quali sedersi e toccare, anche solo con gli occhi, quel che era stato e non c'era più. E chi ricorda dice che, forse, non avevano torto.