Il Sergente e il Cavaliere
Mario Rigoni Stern se ne è andato in silenzio, nella tranquillità delle sue montagne. Paolo Rumiz è stato tra gli ultimi a incontrarlo e ne ha raccontato su Repubblica. Il vecchio alpino, lo scrittore, l'uomo di montagna, tra tante altre cose, gli ha detto: "Non so se arriverò alle elezioni, ma mi piacerebbe che Quello lì andasse a casa".
So che non è bello usare parole di chi non c'è più. Ma sono sicuro che Mario Rigoni, che ho avuto il privilegio di conoscere, non avrebbe nulla in contrario che quelle poche parole dette all'amico giornalista vadano di casa in casa come un testimone.
Testimone dei valori che hanno fatto di Rigoni un grande scrittore e un grande uomo.
Testimone dei valori che dovrebbero essere sempre presenti in una società sana.
Letta adesso, quella frase pronunciata dal sergente Rigoni quando era ancora inverno, a me ha fatto uno strano effetto. E' stato come un incitamento a non lasciare che quello che sta accadendo nei palazzi del potere scorra via come inelluttabile. E quindi, per quello che può valere, grido qui la mia indignazione per il tentatiivo di bloccare i processi, di piegare agli interessi di parte le istituzioni, di usare il potere dato da un popolo per fini diversi da quelli del bene del popolo stesso.
Un amico, l'altra sera, mi ha ricordato l'Aventino, la drammatica autoeliminazione dal parlamento dei deputati antifascisti dopo l'omicidio Matteotti che, di fatto, agevolò la costruzione del regime. E mi ha passato un link dove c'è il testo integrale del famoso discorso nel quale Mussolini disse che se il fascismo era stato un'associazione a delinquere, lui era il capo di questa associazione a delinquere.
L'ho riletto con attenzione, quel discorso, e ho ringraziato l'amico per il link.