Istantanea Pier Vittorio Buffa

Dove il tempo si è fermato

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Questa istantanea fa parte di un ampio reportage realizzato da una giovane fotografa napoletana, Valentina Quintano. Siamo nell'ospedale psichiatrico giudiziario, l'Opg, di Aversa cioè, detto in diverse e rudi parole, nel posto pove vengono chiusi i criminali dichiarati matti. L'ho visitato parecchio tempo fa quando la legge Basaglia era stata approvata da pochi anni. Si diceva, allora, che strutture del genere sarebbero scomparse, che il futuro dei malati di mente sarebbe stato diverso. Le foto in bianco e nero di Valentina Quintano dimostrano che, ad Aversa, il tempo si è fermato. Sono le stesse stanze, lo stesso squallore, le stesse facce disperate di allora. E, come allora, la drammatica violenza di una pena senza una durata determinata.

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5 commenti 8

  • terrible scrive:

    vuoti a perdere.. e' il titolo che avrei dato al tuo post. esattamente come si chiamava una puntata dedicata forse dieci o piu' anni fa da una rubrica del tg3 proprio al manicomio criminale di aversa, che io stessa credevo che fosse stato chiuso, come avevano annunciato allora., sarebbe docuto avvenire di li' a poco. sono passati anni e invece e' ancora aperto, e le persone, se di persone si puo ancora pparlare, sono forse in condizioni peggiori di allora se sono passati tanti anni i..e, soprattutto se e' vero come ' vero purtroppo, che li' dentro ormai e' aumentato il degrado e l'incuria dovute non solo alla mancanza di fondi poer questi istituti, nessuno se ne occupa, nessuno ne parla, cosi' come nessuno parla piu' della 180 , a parte qualche caso drammatico di cronaca. quando un malato di mente, la cui cura viene delegata alla famiglia, magari compie un delitto ... cronaca di una morte annunciata, si legge sui giornali per un giorno, e poi ancora silenzio...

  • cesar scrive:

    Forse è proprio vero quello che ha affermato med052, e confermato con l'esempio, personalmente vissuto, da Pier Vittorio. Il non essere coinvolti, o il non essere stati direttamente toccati da certe sventure, lascia indifferenti le persone, magari col convincimento mendace del dirsi: "tanto a me non succede"!... Ed invece può succedere, eccome! Io accennavo al timore che affrontare certi argomenti potevano portarci a scoprire noi stessi un po' matti, e lo siamo veramente sotto certi aspetti, ai nostri giorni, solo che non ce ne rendiamo conto. Ma l'osservazione di med052 è più concreta e più centrata. Il nostro male è oggi il menefreghismo, l'indifferenza, che ci porta a non considerare più il nostro prossimo in una spietata disumanizzazione! Del resto ci accorgiamo del grande valore della salute solo quando entriamo in un ospedale e l'abbiamo persa, a volte, ahimè, definitivamente. E se abbiamo la fortuna di guarire, molte volte ci scordiamo di tutto! Sono i brutti segni della nostra società.

  • La delusione di Cesar e le considerazioni di med52 mi spingono a raccontare un mia microstoria.
    Nel 1982 una vicenda professionale (opposizione del segreto a una richiesta del magistrato a rivelare una fonte di informazione) mi portò in carcere per un paio di giorni. Sino ad allora quel che accadeva dietro le mura delle prigioni non mi aveva particolarmente interessato: riflettendoci successivamente mi resi conto che le consideravo, semplicemente, cose di altri. Mi sono bastati due giorni di prigione (da giornalista dell'Espresso supertutelato, si badi bene) per far scattare in me un molla particolare, un interesse intenso per quel mondo. Ne nacque un lungo viaggio nelle carceri italiane insieme a Franco Giustolisi, un'inchiesta giornalistica, un libro (Al di là di quelle mura, appunto). Ma soprattutto una sensibilità che, almeno dentro di me, da allora non è mai venuta meno.
    Sono dunque, in qualche modo, come le persone a cui si riferisce med52, mi sono interessato al mondo rinchiuso perché coinvolto.
    Non mi sorprendo dunque che post come questi non suscitino interesse. Ogni volta, però, che tocco con mano questo disinteresse ci resto male. Come quel giorno che un detenuto di Alessandria mi disse: "Che ci venite a fare qua dentro? Di noi tanto, a quelli là fuori, non gliene frega niente".

  • med052 scrive:

    Non penso sia paura di parlare di argomenti come questi, paura di che? Piuttosto la gente se ne infischia. Sono temi problemi drammi di cui si preferisce non sentir parlare, che riguardano un mondo che non è nostro, è chiuso lontano fino a quando... Fino a quando non ci tocca da vicino, direttamente, tramite un amico, un conoscente, un parente. Allora si tocca con mano quello che prima ci si era rifiutati addirittura di conoscere. Ecco è questo: carcere, manicomi, aids... prima si voltava pagina, oggi non si clicca fino a quando...

  • cesar scrive:

    Fino ad oggi, nemmeno un contributo! Si ripete il caso del Capitano dei C arabinieri!...Certi argomenti scottano, o, come per questo post, si ha paura a parlarne. Dei così detti matti tutti temono, l'argomento è tabù. Si temono le loro reazioni estemporanee ed imprevedibili, e li si evitano, cancellandoli quasi dalla mente. Anche coloro che con competenza e cognizione li dovrebbero considerare, i cosiddetti addetti ai lavori, fanno altrettanto!... Basaglia è morto ed è morta anche la sua legge.La paura è forse quella di dover riconoscere che un po' di pazzia c'è in tutti noi al giorno d'oggi. Si dice che i veri pazzi siano liberi, ed allora c'è da chiedersi se siamo forse davvero noi i tali!... E quelli rinchiusi, allora, chi sono? L'argomento andrebbe una buona volta risolto, anche per dar pace alle nostre coscienze, ma così non è, e si teme anche parlarne! Come è strano questo Paese!...

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