Quel confine doloroso
La notizia diffusa dal chirurgo-senatore Ignazio Marino (nella foto) è semplice: nel 62 per cento dei casi di "fine vita" i medici praticano la desistenza terapeutica, ma in segreto. Smettono cioè di curare il proprio paziente senza dichiararlo, parlando con la propria coscienza e, magari solo attraverso un cenno, con i familiari della persona a "fine vita".
Io so di cosa si tratta perché ho avuto accanto a me persone care a "fine vita". So cos'è il cenno del medico che dice, magari abbassando lievemente gli occhi, di non dare più una certa medicina. Conosco i suoi silenzi. Mi sono trovato sul confine di cui ha parlato Marino.
Un confine non definito e doloroso sul quale non è giusto trovarsi.
Non è giusto per i medici. Non è giusto per chi è vicino al malato. Non è giusto per il malato.
Un confine che una legge non basterà mai a definire del tutto perché ci sono stati d'animo e sensibilità che nessuna norma può cristallizzare. Ma passi avanti sono possibili, un quadro di riferimento potrebbe essere costruito. Quella del testamento biologico è una strada. Anche solo iniziare un serio e pubblico dibattito nelle aule parlamentari potrebbe essere il primo paletto capace di circoscrivere quel confine doloroso.