Mohammed
Un paesino del Norditalia, nel Varesotto. E' mezzanotte, io non ho macchina fotografica ma non c'è nulla da fotografare perché l'istantanea di oggi è un breve racconto.
Nella via principale, deserta, c'è un ragazzo che urla al cellulare. Non sta litigando con qualcuno perché chiede aiuto e sanguina dalla fronte. Ha la pelle bruna e dopo poco un altro ragazzo, con la pelle bruna anche lui, gli si avvicina. Gli tampona la ferita, mi chiede di chiamare i carabinieri, blocca con abili mosse il suo amico che urla e cerca di farsi male, di sbattere la testa contro il muro, di gettarsi con violenza a terra. Chiamo il 112. Da Luino, distante una trentina di chilometri, mi dicono di chiamare il 118. Eseguo e un'ambulanza parte immediatamente da Gavirate (altri trenta chilometri). Il ferito continua a dimenarsi, dice di essere stato aggredito, è confuso, probabilmente ha bevuto molto. Aiuto il suo amico a tenerlo fermo. Nessuno sembra udire le urla di Mohammed, il marocchino ferito. Mi sembra di capire che dice di se stesso, del suo essere solo, del non aver fatto mai fatto del male. Intorno c'è silenzio. Un brutto paese, penso, quello in cui nessuno interviene per aiutare un ragazzo ferito e mi dispiace pensarlo perché è un paese al quale voglio bene. Ma per fortuna mi sbaglio perché in pochi minuti la strada si anima, esce una donna, un'altra, mi chiedono, guardano il ragazzo sdraiato sull'asfalto come si guarda un proprio simile che sta soffrendo. L'amico di Mohammed si alza, forse vede troppa gente intorno a sé, si intimorisce dice che deve andare, che lui lo ha solo aiutato, che non può fare altro.
Mohammed resta sull'asfalto senza più il suo amico del Marocco a tenerlo fermo. E' un attimo: questo ragazzo sano e robusto ha gli occhi spalancati verso il cielo nero, il sangue sulla fronte, i pugni chiusi, il corpo che racconta con forza drammatica la solitudine e la disperazione. Poi arriva l'ambulanza, subito dopo i carabinieri e la serata di Mohammed prende la strada che deve prendere la serata di un ragazzo che, probabilmente nel modo sbagliato, cerca un pizzico di serenità mille miglia lontano da casa sua.
L'istantanea di oggi è dedicata a Mohammed perché l'ho visto soffrire, perché ho visto carabinieri e infermieri assisterlo con grande cura, perché ho visto un paese considerare quel ragazzo ferito e straniero una parte di sé.