Istantanea Pier Vittorio Buffa

Grazie

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Un'istantanea che viene da lontano quella di oggi, dal triste settembre 1943. Il monumento agli italiani della divisione Acqui trucidati a Cefalonia dai tedeschi. E' un invito a soffermarsi per qualche istante su queste lapidi, ed è bene farlo per almeno tre motivi.

1. Per decenni quella strage non ha avuto né onori né polemiche. Poi è diventata, grazie a tanti, e soprattutto a Carlo Azeglio Ciampi, il simbolo dell'Italia che si risolleva dal buio del fascismo e della guerra combattuta accanto ai nazisti. E' bene che Cefalonia resti tale e che, almeno ogni anno, di questi tempi, ci si metta per qualche secondo nei panni di chi si è visto uccidere per non aver voluto più combattere insieme ai nazisti.

2. In questi giorni si è nuovamente parlato della sentenza di Monaco in cui un giudice tedesco ha scritto che non ci sono state aggravanti a uccidere gli italiani perché, in fondo, erano dei traditori. Tenere nel proprio archivio mentale il monumento di Cefalonia è come affermare a se stessi e agli altri, per ora e per sempre, che chi ebbe il coraggio di quei gesti non tradiva, ma affermava, semplicemente, la propria dignità.

3. A Cefalonia c'era una divisione dell'esercito italiano che, come tutte allora, era un campionario vario e, allo stesso tempo rappresentativo, dell'Italia. Non era una divisione di eroi, né di comunisti, né di fascisti, né di democristiani. Per questo le lapidi della nostra istantanea hanno un forte valore simbolico più di quanto si sia potuto immaginare in questi decenni. Guardiamole con rispetto e diciamo, sommessamente, "grazie".

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5 commenti 8

  • [...] Istantanea senza immagine perché è, sostanzialmente, la continuazione di quanto avevo scritto in Grazie. Si parla di Cefalonia e del massacro della divisione Acqui. Poco prima di ferragosto il Manifesto ha dato notizia della decisione del magistrato tedesco di non continuare le indagini su quella strage perché non ci sono elementi per considerare quegli omicidi degli “omicidi aggravati”. Su questa notizia Marcella De Negri, figlia del capitano Francesco De Negri, trucidato a Cefalonia, e il giornalista Franco Giustolisi, autore dell’Armadio della Vergogna, hanno scritto una lettera aperta. Io vorrei dire due sole cose. 1. La notizia che viene da Dortmund è di quelle che trasmettono amarezza e senso di giustizia incompiuta. Difficile far finta di nulla e difficile liquidare la questione con un “è passato tanto tempo…”. Quello che è successo in quegli anni non deve essere dimenticato e ci si dovrebbe proporre, ogni anno, di leggere qualche pagina che racconta. Io, in questi giorni, ho letto “Il morto nel bunker”, di Martin Pollack, (Bollati Boringhieri, 2007). 2. Su Cefalonia possiamo dirci, con serenità, che non c’è più bisogno della sentenza di un qualunque giudice per sapere cosa è successo in quell’isola dopo l’8 settembre 1943. La storia, fatta di documenti e testimonianze, la sua sentenza l’ha già emessa da tempo. Fu un massacro a sangue freddo di militari che non avevano voluto cedere le armi senza combattere. Uno dei primi atti della resistenza e della nuova Italia, aveva detto Carlo Azeglio Ciampi quando stava al Quirinale. Come a Porta San Paolo, come in decine di altri posti dove i soldati italiani vennero sorpresi dall’armistizio. Ma Cefalonia fu quello più drammatico e sanguinoso. Li rappresenta tutti. [...]

  • marcella de negri scrive:

    Pensavo naturalmente proprio a Franco Giustolisi, di cui ammiro preparazione e passione. E la sua lotta, instancabile, per far chiarezza su quello che lui ( e poi tutti, dopo di lui) ha chiamato "armadio della vergogna". Il fascicolo 1188 riguardava la strage di Cefalonia.
    Aggiungo ancora che , tra le assoc. , quella che più mi ha aiutato e mi è stata vicina è l'ANED di Torino ( e la sua responsabile Primarosa Pia ).
    Grande aiuto e solidarietà ho avuto anche dagli Istituti Storici della Resistenza di Reggio Emilia , di Novara e di Bergamo, soprattutto.
    marcella de negri

  • Grazie Marcella De Negri per il suo intervento e le sue precisazioni. Penso che il "non dimenticare" costituisca una delle ossature su cui si regge una società degna di se stessa. Il "Franco" del commento mi ha cercato dopo averlo inserito: è Franco Giustolisi, il giornalista autore dell'Armadio della Vergogna con il quale, nel corso degli anni, ho condiviso momenti civili e professionali molto intensi.

  • marcella de negri scrive:

    Non ricordo di aver parlato con Franco ( conosco solo uno storico con questo nome, e lo stimo molto, ma non so se sia lui): alcune cose del suo commento sono corrette, altre sbagliate. Ad esempio l'ANPI è una delle poche associazioni che, nei limiti del possibile, mi sono state vicine, anche a Monaco. Certo molto di più delle c.d. Istituzioni.
    Vorrei anche dire che non mi sono costituita a Monaco " per difendere l'onore di mio padre" ma per rendere più forte l'accusa e per tentare di arrivare il più vicino possibile alla conoscenza di ciò che è successo a Cefalonia in quei giorni terribili : per i giovani , perchè conoscano, per non dimenticare. PER UN AVVENIRE DI PACE.

  • Franco scrive:

    Caro Vittorio, grazie per il “Grazie”, puntuale e suggestivo, su Cefalonia. Rimane certamente un simbolo, un grande simbolo, ma sempre più appare come un albero scortecciato da cui non proliferano più rami e foglie. “E’ diventato, il viaggio a Cefalonia, una cerimonia mediatica, un fatto alla moda...”, mi ha detto Marcella De Negri alla vigilia della partenza per l’isola dove tra le migliaia di assassinati della divisione Acqui c’era anche suo padre. Fu lei a presentarsi come parte civile a Monaco di Baviera nel processo contro uno dei criminali superstiti, assolto in primo grado perché i militari italiani furono giudicati da quel magistrato tedesco, ultimo moicano di Hitler, “traditori e disertori”. C’era lei, figlia di un martire, e solo lei. Avevano disertato, lo hanno già fatto e continuano a farlo, le grandi associazioni come l’Anpi, sulle cui prestigiose poltrone siedono inutilmente per tutti, tranne che per loro, vere e proprie cariatidi. Ed aveva disertato il governo quasi a significare che la storia di quel massacro di massa fosse un fatto privato, quello di una donna che difende l’onore del padre. Già perché l’Italia, presente ieri in massa a Cefalonia con gran codazzo informativo perché i giornalisti seguono sempre l’odore del potere, per ignoranza, incoscienza e superficialità, s’era messa di spalle. Ma che paese siamo? Il paese della vergogna?
    E non c’è solo Cefalonia. Ci sono anche Rodi, Korika, Lero, Coo, Spalato... dove i nazisti spararono alla stessa maniera, cioè dopo che era stata alzata bandiera bianca. E ci sono anche Marzabotto, Stazzema, Fivizzano, Conca della Campania, Matera, Boves, Turchino... dove i fascisti di Salò spalleggiati dai loro colleghi nazisti, sterminarono decine e decine di migliaia di civili. Quante le vittime civili, e militari? Non si sa, nessuno si è preoccupato ancora di stilare questo necessario, se pur macabro, conto. Come ancora non si sa chi, come, quando e perché decise di rinchiudere i fascicoli delle stragi civili e militari nell’armadio della vergogna. La Commissione parlamentare d’inchiesta non ha voluto, non ha saputo, dare la risposta. Si è prodotta in un’infame e gaglioffesca relazione nella quale si nega il sole, la terra, la luna, per proteggere la vecchia Dc e i fascisti. Eppure, anche su questo, la politica tace e tacciono i giornali che non sono il braccio dell’informazione, bensì dei partiti. Alleluja.
    Franco

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