Istantanea Pier Vittorio Buffa

Cronisti e no

feltri.jpgVale la pena rischiare la pelle per scrivere articoli che si potrebbero scrivere anche da casa? Questo, in sostanza, si è chiesto Vittorio Feltri parlando in televisione, a Porta a Porta, di Daniele Mastrogiacomo. Ed è al direttore di Libero che voglio scattare l'istantanea di oggi, il giorno dopo il ritorno a casa dell'inviato di Repubblica.
Un'istantanea amara come lo sono le parole di Feltri. Certo, tutti gli articoli possono ormai essere scritti da qualunque parte del globo su un fatto avvenuto dalla parte opposta. Da Buenos Aires posso raccontare di Mosca e da Roma dell'Afghanistan come del Sud Africa.

Portando questo principio alle sue estreme conseguenze si arriverebbe a un sistema informativo mondiale perfetto ed economico. Un unico giornalista per tutti in ciascuna capitale che racconta quello che vi succede agli altri giornalisti che, nel resto del mondo, riportano le sue storie.
Da Kabul arriverebbero cronache inevitabilmente ispirate dal governo Karzai. Da Baghdad sarebbe probabilmente la visione americana della crisi ad avere il sopravvento, da Roma forse nessuno racconterebbe i guai degli ospedali e da Washington non sapremmo dei reduci dall'Iraq che disertano. Questa non sarebbe informazione.
Quindi io non so se vale la pena rischiare la pelle, lo può decidere solo il giornalista che si trova a tu per tu con questa eventualità. So solo che lo sforzo di essere testimoni il più possibile diretti delle storie che si è chiamati a raccontare è la regola base del nostro mestiere, quella su cui viene costruito tutto il resto. A qualunque latitudine e a qualunque longitudine.
Se non si rispetta questa regola si fa dell'altro.

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4 commenti 8

  • Lea Zafred scrive:

    un giornalista elabora e crea l'informazione dove e con chi e con cosa e come e quando accadono gli eventi. il resto (leggi rielaborare le agenzie) è un passaparola. del potere.

  • Certo, c'è chi fa patetici esercizi per sentirsi un grande inviato o un grande scrittore. Ma io mi riferivo a onesti e bravi reporter, come Mastrogiacomo e tanti altri, che, come si dice in gergo, "vanno sui posti", cercando di essere testimoni diretti delle vicende che devono raccontare. Di loro un'informazione libera ha bisogno come il pane ha bisogno di un buon forno per diventare tale. Perché senza i cronisti di prima linea (che non è necessariamente quella del fuoco, si può essere in prima linea anche nel quartiere di una nostra città) non c'è vera informazione.
    Quanto al "cacciarsi nei guai", beh, non voglio avere un'opinione perché bisognerebbe avere le stesse informazioni che Mastrogiacomo aveva nel momento di andare là, altrimenti è solo senno di poi.

  • Gianni Perfetti scrive:

    Feltri l'aveva detta più grossa quando rapirono e uccisero il povero Baldoni (definendolo dilettante o peggio). In questo caso sono più scettico. L'informazione passa su canali diversi e più sofisticati. A volte "andare sul posto" altro non è che un patetico esercizio legato a un mito, un po' come andare all'Harry's Bar a ordinarsi un Martini per sentirsi Hemingway...
    Oltre al problema, non indifferente, di cacciarsi nei guai con la conseguenza di finire a pesare, come in Italia, sulla Comunità Nazionale. Che regolarmente "paga"... E visto che in questo blog parli anche di terrorismo "interno", caro Pier Vittorio, non capisco, al di là di una gioia umana del tutto comprensibile, come i colleghi di Mastrogiacomo non sentano quella profonda contraddizione che ha colpito quel giornale che fu, ai tempi di Moro, il paladino della "Linea della Fermezza".

  • Alessandro scrive:

    sono perfettamente d'accordo con te
    feltri l'ha detta grossa.........probabilmente per lui è piu' importante seguire le direttive del suo editore che fare il giornalista.....d'altronde basta prendere in mano libero..........

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