E’ da venerdì notte che non riesco a togliermi dalla testa i minuti in cui la Costa Concordia punta verso il Giglio e poi vira, troppo tardi, a destra. Immagino il comandante Schettino al timone come un diportista che punta sugli scogli per poi far vedere come è bravo a evitarli di un soffio. E’ lui il colpevole, l’irresponsabile, il folle.
Ma stamattina leggendo quello che avrebbe detto al magistrato (”Si, volevo fare l’inchino al comandante Palombo”), mi sono fermato un attimo.
Eh no, mi sono detto. Schettino avrà tutte le colpe che verranno provate, ma c’è qualcos’altro che non va, di ancora più grave.
Ci si accorge solo adesso di queste manovre di inchino? Nel passato le Capitanerie le hanno autorizzate? Oppure hanno chiuso un occhio? Perché? Quali occhi si sono chiusi? E la Costa? Non sapeva di quei pericolosi passaggi? Li ha mai esplicitamente vietati?
Sembra che Schettino abbia parlato di questa manovra di inchino quasi a sua giustificazione, come fosse cosa normale e lecita, solo che ha sbagliato a prendere le misure. Come dire: l’errore non è nell’inchino, ma nel come è stato compiuto.
E’ l’illecito che diventa lecito per consuetudine e inettitudine.