Vicenza, cancellata la parola nazisti

A Vicenza hanno cancellato un pezzo di storia del nostro paese. Nell’anniversario dell’Eccidio dei Martiri, dieci uomini fucilati dai nazisti per rappresaglia, la giunta comunale di centro destra ha deciso di non chiamarlo più “eccidio nazifascista” ma “eccidio compiuto dalle truppe di occupazione”. E dal manifesto per l’anniversario è spartita anche la parola “Resistenza”. Questo, dicono, in nome della memoria condivisa. “Abbiamo agito nel rispetto di quello che è accaduto, delle vittime che ci sono state da entrambe le parti”, ha detto il sindaco. Ma lì non c’erano vittime di “entrambe le parti”.
C’erano i soldati con la croce uncinata, SS e non SS, che uccidevano uomini, donne e bambini inermi. Per seminare terrore, per creare il vuoto intorno a sé. Accanto a loro i soldati della Repubblica sociale, che guidavano per le valli e uccidevano con la mascherina in volto per non farsi riconoscere dai compaesani.
Parlare di “entrambi le parti” per creare una memoria condivisa equivale a mettere sullo stesso piano le guardie di un campo di concentramento e i prigionieri che venivano sterminati nelle camere a gas.
La storia non si può adattare a proprio piacimento. E chiamare le cose con il proprio nome serve a non perdere la memoria, a ricordarsi che l’uomo è capace di commettere nefandezze, che la perdita della ragione è sempre dietro l’angolo.
A Vicenza non ci fu una battaglia tra truppe regolari con perdite da “entrambe le parti” ma una rappresaglia a freddo contro 10 detenuti dopo un attentato partigiano che non provocò morti (così L’Atlante delle stragi nazifasciste).
Grazie al Giornale di Vicenza per aver dato la notizia e a Gian Antonio Stella per averne parlato sul Corriere della sera.

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