Se cambia una parola

innoHo avuto un solo sorriso nel seguire la giornata nera di Milano e nel leggerne le cronache. Quella parola cambiata all'inno nazionale, quel "siam pronti alla morte" che, cantato dai bambini, è diventato "siam pronti alla vita".

Nulla di importante, per carità. E nulla di sostanziale.

Ma è come se quella parola, "vita" al posto di "morte", avesse dato vigore a un inno  più volte messo in discussione, lo avesse reso attuale, lo avesse posto al centro di un nuovo modo di concepire se stessi e la propria comunità, avesse consegnato a lui il compito di spingere tutti noi verso un bel futuro.

E poi cantare "siam pronti alla vita", a ben pensarci, non è in contraddizione con il "siam pronti alla morte". Chi davvero vuole una vita libera non può che essere pronto a volerla a tutti i costi, anche mettendola in gioco, anche rischiando la morte per averla.

Allora, per quel che mi riguarda, e per quel poco che può contare, io da ora, se mi capiterà, canterò l'inno come i bambini dell'Expo. Un piccolo gesto di speranza per tutti noi.

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