Mettere in ordine

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Ho letto il libro di Eugenio Occorsio, “Non dimenticare, non odiare”. E ne voglio parlare perché è un libro lungo 35 anni, tanti quanti sono quelli trascorsi dal giorno in cui Pierluigi Concutelli uccise il padre di Eugenio, il pubblico ministero Vittorio Occorsio.

Eugenio lo conobbi allora, nell’estate del 1976, quando da giovane cronista dell’Espresso mi occupavo dell’omicidio di suo padre. A Porta Pia mi trovai davanti un ragazzo come me (20 anni lui, 24 io) annichilito dal dolore e carico di rabbia verso chi, come il mio giornale, aveva pubblicato la foto di suo padre scattata poco dopo l’assassinio.

Immagino che, anche se inconsapevolmente, le parole di questo libro abbiano cominciato a germogliare in quei giorni. Piccole, nascoste dallo stravolgimento, offuscate dal non riuscire a capire perché proprio lui, il padre buono e giusto, era stato ucciso così.

Poi le parole sono cresciute. Anno dopo anno, prendendo forma, diventando linea di condotta e filosofia di vita. Ma non riuscivano a mettersi in fila fino allo shock di quella frase sulla pena di morte dettata dal figlio Vittorio a un’agenzia di stampa dopo la scarcerazione di Concutelli.

Il risultato è un libro appassionato e imperdibile. Un po’ lettera al figlio, un po’ ricostruzione di anni cruciali per la nostra democrazia, un po’ ritratto del padre, magistrato giusto, buono e integerrimo.

Un libro, spiega Eugenio, “nato per mettere in ordine gli avvenimenti di tre vite”.

Un libro, mi permetto di aggiungere, nato per mettere in ordine concetti come giustizia e onestà intellettuale. E per non farci dimenticare quanto ciascuno di noi deve a chi ha voluto servire sino in fondo il proprio paese.

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