Manconi, il caso Uva e la tortura

Per quello che puo’ contare sottoscrivo integralmente l’appello di Luigi Manconi sul caso di Giuseppe Uva. Lo si puo’ leggere qui e qui si possono leggere le interrogazioni del senatore Manconi su Uva e sul caso Cucchi.

Lo sottoscrivo perche’ ci tiene con i piedi per terra e ci ricorda, con la forza che Manconi ha sempre messo nelle proprie iniziative, uno dei capisaldi della convienza civile.

Quello di potersi fidare delle persone a cui la comunita’ affida la propria sicurezza e a cui, a questo solo fine, conferisce particolari popteri.

In altre parole, potersi fidare della polizia, dei carabinieri, della guardia di finanza…

Con Uva e’ successo quello che non dovrebbe succedere, e Giuseppe e’ morto dopo essere stato in una caserma. Il pubblico ministero aveva chiesto, come Manconi spiega nel dettaglio, il proscioglimento di poliziotti e carabinieri, il giudice ne ha ordinata l’imputazione. Adesso Manconi chiede una cosa molto semplice: che non sia lo stesso pubblico ministero che non voleva il giudizio per poliziotti e carabinieri a sostenere l’accusa nel processo. E questo perché il percorso della giustizia possa procedere spedito e, dopo 6 anni, i colpevoli, se dichiarati tali, possano essere puniti.

Aggiungo che forse è giunto il momento di tornare a ragionare su quel reato di tortura che è sempre rimasto ai margini del dibattito politico. Se un cittadino viene picchiato, umiliato, seviziato da un tutore dell’ordine nell’esercizio delle proprie funzioni non ci dovrebbe essere bisogno di cercare particolari fattispecie di reato. E’ tortura e andrebbe perseguita nel modo più spedito e duro.

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