Il compromesso sulla tortura

La buona notizia è che da oggi, 5 luglio 2017, anche in Italia la tortura è un reato.

La cattiva notizia è che quella approvata definitivamente dalla Camera è, come ho già scritto, una legge di compromesso. Un compromesso al ribasso.

Nelle dichiarazioni di chi, nel Partito democratico, si è occupato della legge e l'ha sostenuta ci sono, anche se appena accennati, segnali di non completa soddisfazione. "Un risultato importante, il migliore possibile oggi in Parlamento" (Anna Finocchiaro). "Il testo sarebbe stato più incisivo se non fosse stato modificato due anni fa" (Walter Verini). Affermazioni che possono essere lette come un impegno politico. Adesso che la parola tortura è entrata nel nostro ordinamento diamoci da fare per farla diventare quello che dovrebbe essere. Un reato proprio del pubblico ufficiale, che non ha bisogno di essere reiterato per essere consumato, sostanzialmente imprescrivibile.

Ce la farà mai il Pd a fare questo passo ulteriore? Riuscirà a costruire, o a contribuire a costruire, la forza politica necessaria per sconfiggere il corporativismo che ha finora coperto chi ha disonorato la propria divisa e il proprio giuramento? Sarà capace di inserire la "vera tortura" nel suo programma elettorale?

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