Istantanea » Storia http://buffa.blogautore.repubblica.it Just another Blogautore.repubblica.it weblog Wed, 11 Jul 2018 15:14:30 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=3.8.27 Il database del passato http://buffa.blogautore.repubblica.it/2017/11/30/il-database-del-passato/ http://buffa.blogautore.repubblica.it/2017/11/30/il-database-del-passato/#comments Thu, 30 Nov 2017 17:42:23 +0000 http://buffa.blogautore.repubblica.it/?p=2669 Lo storico Emilio Gentile, intervistato da Repubblica sulla vicenda dei naziskin a Como, sostiene che "questi fenomeni sono la spia della grave crisi che colpisce la democrazia, in Italia e in tutto l’Occidente", ma che le loro simbologie sono prive di senso, "non hanno niente a che vedere con la storia concreta dei regimi di Mussolini e Hitler". Ragionamento pienamente condivisibile anche quando arriva alla sua dura e amara conclusione: "Il dramma è che è venuta meno la passione per la democrazia come forma di convivenza".

Ma c'è una conseguenza di questa ineccepibile tesi che forse bisogna valutare con attenzione. Sostenendo che non c'è nessun legame tra questi comportamenti e i regimi che sconquassarono l'Europa e il mondo si rischia di attenuare l'allarme che dovrebbe scattare in tutti noi davanti a episodi come quelli di Como.

Per cui è sacrosanto sottolineare con forza la crisi che colpisce le democrazie occidentali. Ma è altrettanto sacrosanto non dimenticare che nazismo e fascismo si nutrirono proprio delle carni delle deboli democrazie post belliche.

Conoscere a fondo le conseguenze di quelle dittature può diventare così una potente arma per spingere ai margini chi vuole, adesso, tornare a nutrirsi di carni per certi versi simili a quelle di cui si nutrirono, negli anni Venti e Trenta, gli uomini di Hitler e di Mussolini.

E' per questo che il passato non va né riproposto in modo ossessivo e continuo né rimosso. Il passato è utile per quello che è: il più grande database dei comportamenti umani. E i database non vanno chiusi a chiave, vanno consultati quando serve. E adesso serve. Eccome se serve.

 

 

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L'ignoranza http://buffa.blogautore.repubblica.it/2017/11/14/lignoranza/ http://buffa.blogautore.repubblica.it/2017/11/14/lignoranza/#comments Tue, 14 Nov 2017 10:01:31 +0000 http://buffa.blogautore.repubblica.it/?p=2665 124211148-9c5ad0be-a599-4551-b3a5-5c5fbfc4dfc5Guardiamo bene la foto del giovane calciatore che esulta dopo un gol alzando la mano destra nel saluto fascista e mostrando una maglietta con le insegne della Repubblica di Salò.

Guardiamola bene perché non siamo in uno stadio qualunque, ma nello stadio di Marzabotto, nello stadio del paese dove quasi in ogni famiglia c'è stato qualcuno che ha visto e raccontato quello che i nazifascisti fecero in quella zona 74 anni fa. Uccisero quasi 800 donne, vecchi, e bambini che avevano la sola colpa di vivere tra quelle montagne.

Dopo aver visto quella foto e lasciato scorrere le immagini del filmato leggiamo cosa ha detto il calciatore: "Ho agito con leggerezza senza pensare alle conseguenze che da questo mio gesto sarebbe scaturito tanto a livello personale quanto comunitario. Ho lasciato passare un terribile messaggio di cui, ribadisco, sono totalmente pentito e dispiaciuto... la maglietta era normalissima".

Leggerezza, dispiaciuto, maglietta normalissima... A credergli sono parole di chi non sapeva. Non sapeva dei nazisti e dei fascisti, non sapeva quello che era successo in mezzo a quei boschi. Pensava di fare una goliardata, una cosa simpatica. E questo, a credergli, è ancora peggio che se avesse saputo, se avesse deciso, con un lucido disegno criminale, di fare quel gesto e di indossare quella maglietta. Così, a credergli, la colpa di quello che è successo va data alla peggiore malattia che possa affliggere una comunità: l'ignoranza.

Ignoranza delle proprie radici e del proprio passato, ignoranza del bene e del male che ne hanno caratterizzato l'esistenza. Una comunità ignorante rischia di non spezzare mai le terribili spirali della storia, di tornare sempre indietro, di riproporre a se stessa gli errori e le nefandezze del passato, di non saper guardare al futuro con gli occhi limpidi e densi di un saggio che ha vissuto a lungo.

La lezione che viene da quella maglietta e da quel braccio teso è quindi una sola. L'ignoranza è un nemico da combattere con tutte le nostre forze. Deve cominciare la scuola e deve continuare ciascuno di noi studiando, sapendo, ricordando, raccontando, trasmettendo. Con un obiettivo molto semplice: che nel prossimo futuro non ci possa più essere un venticinquenne che dica "Non sapevo".

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Sei minuti di lezione http://buffa.blogautore.repubblica.it/2017/10/30/sei-minuti-di-lezione/ http://buffa.blogautore.repubblica.it/2017/10/30/sei-minuti-di-lezione/#comments Mon, 30 Oct 2017 14:00:33 +0000 http://buffa.blogautore.repubblica.it/?p=2660 filmatoHo guardato due volte questo breve filmato girato da un ufficiale tedesco, probabilmente un medico, durante l'occupazione nazista dell'Italia, nel 1944. L'ho guardato due volte e lo ripropongo qui perché racconta a chi non c'era cosa è stata una guerra totale come quella combattuta lungo la penisola italiana in quegli anni. Lo racconta con l'immediatezza e la genuinità che solo immagini naturali e non costruite possono restituire.

In un primo momento queste immagini possono apparire come una parentesi di quella guerra totale durante la quale i nazifascisti massacrarono 23.300 donne, bambini, anziani. Ci sono ragazze che sembrano serene, tre bambini che sorridono. E soldati rilassati anche se si esercitano a sparare. Dove sono la violenza estrema, i villaggi incendiati, le fucilazioni di massa? A pochi chilometri, al massimo a un giorno di viaggio. Eppure sembrano lontani, lontanissimi

Ma sarebbe un errore considerare le piccole scene del filmato come quelle di una comunità fino a quel momento rimasta immune dalla guerra, che l'ha vista da lontano, che è riuscita a vivere decentemente mentre altrove si moriva.

Per capirlo è sufficiente soffermarsi qualche istante sulle immagini dei tre bambini. Sono tre bambini ripresi da un uomo che ha il controllo su di loro. E' un uomo che sta occupando la loro terra, che li sta privando della loro libertà. Loro non lo possono sapere, ma sottomissione a paura sono scritte nei loro occhi. Impresse da quello che vedono e sentono. E il vecchio filmato ce le trasmette intatte.

E' questa la lezione di questi sei minuti di pellicola Agfa. Quando la guerra è totale, quando attraversa in profondità il corpo di una comunità nessuno ne resta immune. A prescindere dall'età, da quello che gli accade intorno, da quello che vede con i propri occhi.

 

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La commozione del borgomastro http://buffa.blogautore.repubblica.it/2016/08/20/la-commozione-del-borgomastro/ http://buffa.blogautore.repubblica.it/2016/08/20/la-commozione-del-borgomastro/#comments Sat, 20 Aug 2016 08:40:23 +0000 http://buffa.blogautore.repubblica.it/?p=2551 _D7S1629

Bastian Rosenau è il giovane borgomastro di un paese tedesco, Engelsbrand, diventato famoso per aver dato un'onorifecenza a un suo concittadino che era stato un sergente delle SS e che in Italia era stato condannato a due ergastoli per le stragi di Fivizzano e Marzabotto. Era un sergente del battaglione di Walter Reder. il 19 agosto, anniversario della strage di San Terenzo Monti-Fivizzano è lì, esattamente nel luogo dove il sergente Wilhelm Kusterer, insieme ai suoi commilitoni, massacrò 159 persone. E' venuto a chiedere scusa, a parlare di pace e fratellanza, a ricordare gli orrori di quegli anni. E davanti ai figli di chi venne ucciso sio è commosso una, du, tre, quattro volte. E' stato un privilegio essere testimone di questo piccolo ma grande avvenimento. Per questo ne ho voluto e ne voglio dare testimonianza. Qui sotto l'articolo che ho scritto per il Tirreno.

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Ventiduemila morti in cerca di giustizia http://buffa.blogautore.repubblica.it/2016/04/04/ventiduemila-morti-in-cerca-di-giustizia/ http://buffa.blogautore.repubblica.it/2016/04/04/ventiduemila-morti-in-cerca-di-giustizia/#comments Mon, 04 Apr 2016 20:07:43 +0000 http://buffa.blogautore.repubblica.it/?p=2509 cover-libro-stragi-697x1024Sta per diventare pubblico l'Atlante delle stragi naziste e fasciste. Un gran lavoro portato avanti da un gruppo di studiosi, firmato dall'Anpi e dall'Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia (Insmli) e finanziato dal "fondo italo-tedesco per il futuro". Si tratta del primo e completo database sui crimini commessi da nazisti e fascisti durante i 21 mesi della guerra in Italia, dal luglio del 1943 all'inizio del maggio 1945.

Il risultato e' scioccante perché va oltre ogni stima fatta finora. Gli studiosi, escludendo i morti durante i combattimenti, hanno contato 5.300 episodi che hanno provocato la morte di 22.000 persone. Tutte indicate con nome e cognome. E accanto al loro, dov'è stato possibile, c'è il nome dei carnefici identificati.

Ventiduemila persone: civili, donne, bambini, vecchi. La più grande tragedia che ha travolto la popolazione civile italiana, come non si stancava di ripetere Franco Giustolisi, l'autore dell'Armadio della vergogna.

Tragedia nascosta per decenni dall'oblio e, soprattutto, com'è ormai dimostrato, dall'opportunismo politico.

I processi celebrati negli ultimi 15 anni e che hanno portato a decine di condanne all'ergastolo hanno cercato di dare giustizia alle vittime di allora e ai sopravvissuti. Ma la mancata esecuzione delle condanne è suonata e suona come un'ulteriore beffa.

Questo Atlante si presenta come un altro, diverso tentativo di fare giustizia. Non con le carte processuali, ma con la ricerca storica, stabilendo fatti, protagonisti, correlazioni. Un tipo di giustizia che non si può considerare soddisfacente ma che ha la sua importanza. Potrebbe riuscire a togliere ogni singola vittima dal proprio isolamento. Potrebbe ricondurre la sorte di ciascuno a un comune e tragico destino.

E' però obbligatorio porsi una domanda.

I processi non sono stati fatti nel secolo scorso perché le carte erano state nascoste. Per un atlante come quello che sta per diventare pubblico non servivano fascicoli processuali. Perché si è aspettato tanto?

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Giustizia negata http://buffa.blogautore.repubblica.it/2016/03/16/giustizia-negata/ http://buffa.blogautore.repubblica.it/2016/03/16/giustizia-negata/#comments Wed, 16 Mar 2016 10:55:14 +0000 http://buffa.blogautore.repubblica.it/?p=2502 Nelle ultime settimane ho dedicato del tempo a leggere le carte della commissione di indagine sulle stragi nazifasciste messe online dalla Camera dei deputati. Non si tratta dei fascicoli chiusi nell'Armadio della vergogna ma di tutto (o quasi tutto) quello che la commissione ha acquisito durante i suoi lavori iniziati nel 2003 e finiti nel 2006. Sono migliaia di pagine con su stampigliato "Segreto", "Riservato", che confermano una verità che ancora si fa fatica a condividere. Una verità che la commissione stessa non riuscì a sottoscrivere (ci furono una relazione di maggioranza  e una di minoranza).

Una verità molto semplice e terribile. La giustizia alle vittime delle stragi venne negata in nome della ragion di stato, dell'opportunismo politico, della necessità di creare buoni rapporti politici ed economici con la neonata Repubblica federale tedesca.

Sono 22.000 i civili italiani uccisi tra il 1943 e il 1945 da nazisti e fascisti. E lo Stato, nel 1960, decise che non era il caso processare gli assassini, meglio vendere armi alla Germania...

Quello che ho trovato nelle carte l'ho scritto in un articolo pubblicato questa settimana dall'Espresso. Lo si può leggere qui.

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Cinque minuti per non dimenticare http://buffa.blogautore.repubblica.it/2016/01/26/cinque-minuti-per-non-dimenticare/ http://buffa.blogautore.repubblica.it/2016/01/26/cinque-minuti-per-non-dimenticare/#comments Tue, 26 Jan 2016 16:06:59 +0000 http://buffa.blogautore.repubblica.it/?p=2482 15092012-120916_DSC1790Domani, 27 gennaio, è il Giorno della Memoria. E' il settantunesimo anniversario della liberazione del campo di concentramento di Auschwitz ed è il giorno scelto dall'Onu per ricordare le vittime dell'Olocausto. Con il tempo i significato di questa giornata si è allargato facendola diventare sempre di più l'occasione per ricordare, oltre alle vittime dell'Olocausto, le vittime di tutte le guerre e di tutte le violenze.

Non lasciamola passare come tante altre ricorrenze. Facciamola nostra, cioè di ciascuno di noi, dedicando almeno 5 dei 3600 minuti del nostro 27 gennaio al ricordo di quello che è stato e quello che è.  Ai genocidi e alle stragi di settant'anni fa e ai genocidi e alle stragi di oggi. Un omaggio a chi ne è stato vittima, un impegno a diffondere i principi di pace e fratellanza.

Possiamo leggere  una pagina di Primo Levi o un di un qualunque altro libro che parli delle terribili sofferenze di quegli anni (qui un ricco elenco).

Possiamo vedere un film (qui quelli in programma).

Possiamo andare davanti a una lapide o a un monumento, guardarci intorno e parlare con qualcuno di quello che quella lapide o quel monumento ricorda.

Possiamo usare il nostro social network preferito per far circolare un'immagine o un pensiero che ricordino ai nostri amici perché è importante sapere e ricordare.

Possiamo andare a uno qualunque dei tanti appuntamenti (qui un elenco).

Io, domani, sarò a Latina dove si parlerà di Shoah, si ascolterà musica e i ragazzi di due licei leggeranno le testimonianze dei sopravvissuti alle stragi nazifasciste raccolte nel mio libro Io ho visto. Se qualcuno di loro mi chiederà a cosa serve, dopo tanti anni, parlare di queste cose, risponderò come fece, due anni fa, l'attrice Pamela Villoresi. Uno studente, dopo che lei aveva interpretato le stesse storie, le chiese proprio così, 'a cosa serve?' Lei rispose di getto: "Vedete, se anche uno solo di noi, dei mille che siamo in questo teatro, uscirà da qui deciso a far di tutto nella propria vita perché non ci sian0 più fatti terribili come questi, vorrà dire che parlare di queste cose è servito, eccome".

(nella foto: le Gocce di Memoria a Marzabotto)

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Grazie http://buffa.blogautore.repubblica.it/2015/02/01/grazie-2/ http://buffa.blogautore.repubblica.it/2015/02/01/grazie-2/#comments Sun, 01 Feb 2015 09:30:47 +0000 http://buffa.blogautore.repubblica.it/?p=2396 mattarella

Il significato del primo atto del neo eletto e non ancora insediato presidente della Repubblica Sergio Mattarella, l' omaggio al sacrario delle Fosse Ardeatine, è tutto nella frase a cui ha affidato il perché della sua visita.

"L'alleanza tra Nazioni e popolo seppe battere l'odio nazista, razzista, antisemita e totalitario di cui questo luogo è simbolo doloroso", ha detto Mattarella. "La stessa unità in Europa e nel mondo saprà battere chi vuole trascinarci in una nuova stagione di terrore".

La forza di questo messaggio così limpido non è soltanto nel suo contenuto, nel suo richiamo al passato per vivere e combattere nel presente, nell'irrobustimento delle radici di cui si nutre l'Europa in pace che conosciamo.

La sua forza sta soprattutto nel momento storico in cui quel gesto, quelle parole, quelle lapidi entrano nella case degli italiani.

E' il momento storico in cui, finalmente, si sta guardando con grande decisione al futuro. Si stanno per cambiare le regole della nostra convivenza democratica. Si respira un'aria di maggior fiducia in noi stessi di cui anche l'elezione di Sergio Mattarella è un segnale inequivocabile.

Se si facesse tutto questo lasciando svanire le immagini della nostra storia e dimenticando gli orrori da cui  è rinato il nostro stare insieme pacificamente, si costruirebbe un futuro fragile, vacillante, privo di quel tessuto connettivo che sa tenere unita una comunità anche nei momenti più difficili e terribili.

Ricordare, invece, ciò che è stato, non dimenticare mai come uomini e donne abbiano sofferto e lottato per riconquistare la libertà, è il miglior passaggio di testimone tra le generazioni. Trasmette consapevolezza e forza.

Per questo, ancora prima che salga al Quirinale, dovremmo tutti ringraziare Sergio Mattarella per aver fatto tornare quelle lapidi nelle nostre case.

 

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Non bisogna mettersi alle spalle proprio niente http://buffa.blogautore.repubblica.it/2015/01/27/non-bisogna-mettersi-alle-spalle-proprio-niente/ http://buffa.blogautore.repubblica.it/2015/01/27/non-bisogna-mettersi-alle-spalle-proprio-niente/#comments Tue, 27 Jan 2015 09:08:44 +0000 http://buffa.blogautore.repubblica.it/?p=2395 La fondazione Bertelsmann ha pubblicato uno studio su quello che pensano tedeschi e israeliani di se stessi, delle reciproche relazioni, del mondo. E della storia, della memoria dell'Olocausto.

Il dato che ha suggerito ai giornali titoli come "sondaggio shock" è quello che rivela che 81 tedeschi su cento vorrebbero lasciarsi alle spalle la storia dell'Olocausto, non parlarne più, lasciarla ai libri di storia.

Comprensibile che si voglia tagliare con il passato e guardare soltanto avanti. E' il modo forse più efficace per anestetizzare il dolore e i traumi. Non essere continuamente costretti a guardare dentro se stessi alleggerisce la vita. Lo fa ciascuno di noi ogni giorno quando dimentica, non riporta alla memoria i momenti peggiori del proprio passato. Li fa diventare, appunto, storia, non li vive come un presente con cui fare i conti ogni mattina quando si guarda allo specchio.

Ma per la Germania, per l'Olocausto, per tutti gli orrori dei secoli passati e dei secoli a venire non si può fare la stessa cosa.

I tedeschi di oggi, come sa bene chi li governa, hanno il dovere etico e politico di non mettersi alle spalle proprio niente. Hanno, al contrario, il dovere di essere se stessi, con la loro storia, con le terribili sofferenze che hanno inferto e patito, con la forza dimostrata nel guardare nella propria anima. E, con tutto questo, di essere un perno essenziale dell'Europa in pace e un monito straordinario per l'umanità.

E, come loro, nessuno deve mettersi alle spalle proprio niente. Il dolore inferto e patito dai nostri nonni deve vivere al nostro fianco. Dobbiamo studiarlo e farlo studiare. Ricordarlo e farlo ricordare. Dobbiamo, in una sola parola, coltivare la memoria di noi stessi. Non solo oggi, 27 gennaio, giorno dedicato alla Memoria. Ma sempre.

Un giorno uno studente liceale, dopo aver ascoltato racconti sulle stragi nazi fasciste in Italia, ha fatto una domanda semplice e diretta: "Che senso ha ricordare dopo 70 anni? Perché parlare ancora?". Gli è stato risposto così: "Noi siamo qui in mille. Ecco, se uno solo di noi uscirà di qua dicendosi che farà di tutto perché questo non accada più vorrà dire che parlarne oggi ha avuto senso, molto senso".

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I fucilati dimenticati http://buffa.blogautore.repubblica.it/2014/12/12/i-fucilati-dimenticati/ http://buffa.blogautore.repubblica.it/2014/12/12/i-fucilati-dimenticati/#comments Fri, 12 Dec 2014 22:37:24 +0000 http://buffa.blogautore.repubblica.it/?p=2380 Stuppia_D8E1987Nelle ultime settimane mi sono occupato di un qualcosa, molto brutto, accaduto un secolo fa. Le fucilazioni dei soldati italiani accusati, durante la Grande Guerra, di diserzione o codardia. Ne è nato un ampio servizio per l'Espresso in edicola questa settimana e che lo ha pubblicato, insieme a un certo numero di documenti, sul sito.

Il senso di un lavoro del genere è presto detto.

Conoscere, sapere, rimettere a posto le cose della nostra storia aiuta a costruire un memoria condivisa del nostro passato. E, quindi, aiuta a costruire meglio il nostro futuro.

Oggi i 750 soldati fucilati dopo i processi, più i mille e mille uccisi per decimazione dei reparti o sommariamente, in trincea, non sono nemmeno considerati vittime di guerra. Semplicemente, non esistono: negli elenchi dei caduti, negli albi d'oro, sui monumenti.

Eppure venivano uccisi soprattutto per dare l'esempio, perché la loro morte servisse di incitamento ai compagni per andare avanti, a combattere e morire. E quindi anche loro, i fucilati, hanno contribuito, con il loro sacrificio, alla "vittoria finale". Sono anche loro, a pieno titolo, vittime di quella terribile guerra.

Riconoscerlo ufficialmente, vuol dire, per uno Stato e per una comunità, mettere un importante mattone alla costruzione comune.

E questo, anche se si parla di vicende di un secolo fa, non è cosa da poco. Perché quella dei fucilati è, come tante altre, una questione che ancora divide, che è ancora irrisolta nella coscienza nazionale. Non è ancora, appunto, una memoria condivisa. E dopo un secolo, come è già successo in altri paesi, è proprio tempo che lo diventi.

(l'immagine del documento è stato concessa dall'Archivio centrale dello Stato, ne è vietata la riproduzione)

 

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