Istantanea » Libri http://buffa.blogautore.repubblica.it Just another Blogautore.repubblica.it weblog Wed, 11 Jul 2018 15:14:30 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=3.8.27 Solo giustizia http://buffa.blogautore.repubblica.it/2012/06/04/solo-giustizia/ http://buffa.blogautore.repubblica.it/2012/06/04/solo-giustizia/#comments Mon, 04 Jun 2012 08:34:07 +0000 http://buffa.blogautore.repubblica.it/?p=1596 Stragi naziste, Armadio della vergogna, muro del silenzio... Se ne discute a Roma al teatro de' Servi e può venir voglia di chiedersi che senso abbia, quasi settant'anni dopo quelle terribili giornate, riunirsi per questo in un teatro.

I termini della questione sono molto semplici e crudi. Dall'8 settembre 1943 alla fine della guerra si calcola che tra i 20 e i 3o mila italiani, tra militari e civili, siano stati uccisi, non in combattimento, da militari tedeschi . Sono le stragi con le quali sono stati annientati interi reparti che si erano rifiutati di consegnarsi. Sono le stragi di donne, bambini, anziani. Se ne contano 2273, di stragi. E per le stragi sono state eseguite le condanne contro appena un pugno di ufficiali nazisti. Gente come Walter Reder, Herbert Kappler, Erich Priebke... E tutti gli altri? Ignoti? Sfuggiti alla giustizia grazie a misteriose vicende di guerra?

No. Sono stati identificati, denunciati, mandati a processo, i processi per un bel po' sono stati congelati (o, meglio, chiusi nel cosidetto Armadio della vergogna), poi sono stati riaperti, istruiti, andati a sentenza. E le sentenze sono diventate definitive. Ventuno condanne all'ergastolo per strage contro altrettanti militari tedeschi.

Adesso ne sono rimasti in vita sedici e nessuno, ma proprio nessuno si preoccupa di rendere esecutive quelle sentenze. Lo ha denunciato il procuratore militare con chiarezza: "Allo stato non si hanno notizie in ordine a quale seguito sia stato dato a dette richieste da parte della competente autorità governativa italiana".

In altre parole: i tribunali hanno condannato, il governo non fa nulla per far eseguire le condanne, nemmeno un passo formale.

E ci si torna a chiedere: ma cosa si vuole? che si vada ad arrestare ultranovantenni a un passo dalla morte?

Si, se io fossi uno di quei bambini che ha visto uccidere la propria madre, lo vorrei. E lo vorrei anche se fossi uno che ha sentito raccontare come i propri parenti o gli amici dei propri genitori sono stati massacrati. E lo vorrei, infine, anche se fossi soltanto, come sono, un semplice cittadino europeo.

Vorrei che un signore in divisa bussasse a ciascuna di quelle sedici case per consegnare un foglio con su scritto che quell'uomo è colpevole e che per questo deve restare chiuso in casa per quel che gli resta da vivere.

Vendetta? No. Solo giustizia.

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Il falò degli anarchici http://buffa.blogautore.repubblica.it/2012/05/12/il-falo-degli-anarchici/ http://buffa.blogautore.repubblica.it/2012/05/12/il-falo-degli-anarchici/#comments Sat, 12 May 2012 20:14:07 +0000 http://buffa.blogautore.repubblica.it/?p=1557 Ho letto e riletto il volantino con cui gli anarchici  del FAI-FRI hanno rivendicato il ferimento di Roberto Adinolfi. Vi cercavo punti di contatto con quelli che, tanti fa, che arrivavano puntuali dopo ogni attentato delle Brigate Rosse. Tutto diverso. Linguaggio, obiettivi apparenti, costruzione del ragionamento, argomentazioni. Stavo per concludere che nulla, se non un proiettile,  unisce oggi a ieri, quando mi è tornato in mente un racconto di Alberto Franceschini, uno dei capi storici delle Brigate rosse.

Mi raccontava (era la fine degli anni Ottanta e lui era ancora in carcere a Rebibbia) delle navi bruciate alle spalle: un momento cruciale del suo diventare brigatista e, probabilmente, uno di quelli che ricordava con maggiore intensità. "Un rito", ho sintetizzato nella sua biografia, Mara , Renato e io, "che nasceva dalla lettura delle opere di Guevara. Il Che raccontava l'ultima offensiva di Simon Bolivar contro i colonialisti: arrivò con le navi e diede ordine di bruciarle, rendendo così impossibile ogni ritirata. Il suo motto, dopo quell'ordine, divenne "O vittoria o morte". E noli, senza dirci niente, lo facemmo nostro. Ogni nuovo compagno, per diventare un "regolare" doveva bruciare i propri documenti davanti agli altri, pubblicamente... in quel momento si bruciavano le navi alle proprie spalle, si chiudeva la via della ritirata... Quando bruciai la carta d'identità mi sentii un uomo libero... Con quel piccolo falò avevo preso in mano la mia vita".

Ho letto nuovamente le parole degli anarchici e ho trovato uno spirito simile. Anche loro hanno bruciato le loro navi e anche loro provano quella sensazione di libertà improvvisa. L'attimo è quello che in cui sparano il primo proiettile contro Roberto Adinolfi. E' il loro falò.

Scrivono: "Siamo dei folli amanti della libertà e mai rinunceremo alla rivoluzione... Vincere la paura è stato più semplice di quello che ci eravamo immaginati. Realizzare oggi quello che solo fino a ieri ci sembrava impossibile è l'unica soluzione... per abbattere il muro dell'oppressione quotidiana". E prima, a sottolineare il valore simbolico del primo proiettile l'agghiacciante "impugnare una pistola, scegliere e seguire l'obiettivo, coordinare mente e mano sono stati un passaggio obbligato... il rischio di una scelta e ... un confluire di sensazioni piacevoli... quella che adesso cerchiamo è complicità".

All'inizio degli anni Settanta molti, troppi, sottovalutarono quei ragazzi che bruciavano macchine e rapivano dirigenti per poche ore. E quasi nessuno capì che erano destinati a raccogliere complici a decine e centinaia.

Chi ha sparato ad Adinolfi l'ha fatta più semplice, ha dichiarato esplicitamente di cercare complici. Quello che questa volta dovremmo capire per tempo è che, oggi come allora, non è solo un problema di polizia. E' anche il sintomo di una malattia sociale che rischia di attecchire e che va guarita per tempo. Altrimenti i complici si moltiplicheranno e potremmo trovarci a vivere un'altra stagione di sangue.

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Caratteri sempre più piccoli http://buffa.blogautore.repubblica.it/2011/04/11/caratteri-sempre-piu-piccoli/ http://buffa.blogautore.repubblica.it/2011/04/11/caratteri-sempre-piu-piccoli/#comments Mon, 11 Apr 2011 07:18:36 +0000 http://buffa.blogautore.repubblica.it/?p=1119 img002

"Si pubblicano libri con caratteri sempre più piccoli. Immagino la fine della letteratura: a poco a poco, senza che nessuno se ne accorga, i caratteri rimpiccioliranno fino a diventare completamente invisibili" (Milan Kundera)

Dal libro Preferisco leggere, di Patrizia Traverso, presentato ieri sera alla Festa del Libro di Roma.

Un racconto fatto di fotografie (persone che leggono, libri...) e di citazioni. Un piccolo gioiello che aiuta a pensare e riflettere.

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Il gorgo e il coraggio http://buffa.blogautore.repubblica.it/2009/06/07/il-gorgo-e-il-coraggio/ http://buffa.blogautore.repubblica.it/2009/06/07/il-gorgo-e-il-coraggio/#comments Sun, 07 Jun 2009 09:44:01 +0000 http://buffa.blogautore.repubblica.it/?p=365 bettin_gorgo2

C'è un libro che va letto. Veloce, tagliente, angosciante. E coraggioso. Si autodefinisce "Indagine narrativa su un delitto del profondo Nord" e si intitola Gorgo, in fondo alla paura. Lo ha scritto Gianfranco Bettin, sociologo, scrittore, politico, consigliere regionale del Veneto, già prosindaco di Venezia, già deputato dei Verdi.

A Gorgo al Monticano, nel cuore della Marca trevigiana, nell'agosto del 2007 due anziani coniugi vengono aggrediti nella loro casa, torturati, massacrati, uccisi. Vengono arrestati un romeno e due albanesi e quel delitto efferato scuote profondamente la gente della Marca, l'indignazione si allarga a macchia d'olio, arriva a Roma, la Lega rilancia la proposta delle ronde.

Il libro di Bettin va letto perché racconta quel momento di svolta ("lo spartiacque" lo ha chiamato il direttore della Tribuna di Treviso Alessandro Moser) senza pregiudizi.

Racconta e documenta come la Lega sappia andare dritta al cuore della gente.

Non ha paura di parlare di taglie sui colpevoli.

Mette a nudo le reticenze del governo Prodi del 2007.

Indica alla sinistra la strada da percorrere per tornare a parlare  dritta al cuore della gente.

Io, che ogni tanto qua scrivo di razzismo, immigrazione, sicurezza l'ho letto e penso che mi abbia fatto fare un passo avanti. Un importante passo avanti.

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Nella foresta con Ishmael http://buffa.blogautore.repubblica.it/2007/09/15/nella-foresta-con-ishmael/ http://buffa.blogautore.repubblica.it/2007/09/15/nella-foresta-con-ishmael/#comments Sat, 15 Sep 2007 13:11:45 +0000 http://buffa.blogautore.repubblica.it/2007/09/15/nella-foresta-con-ishmael/ beah.jpg

Questo ragazzo dagli occhi dolci e lo sguardo un po' perduto ha ucciso decine di persone con il fucile, il coltello, le mani. Lo racconta lui stesso nel libro più scioccante che mi è capitato di leggere negli ultimi tempi (Ishmael Beah, Memorie di un soldato bambino, Neri Pozza, pagg. 256, euro 15,50).
Ishmael è nato in Sierra Leone nel 1980. A dodici anni gli hanno messo addosso una divisa e dato un fucile, lo hanno drogato, gli hanno insegnato a odiare e uccidere. Poi, un certo giorno, la sua vita è cambiata, dopo anni è approdato negli Stati Uniti, si è laureato in scienze politiche e ha trovato la forza di raccontarsi.
Per questo dedico l'istantanea di oggi a Ishmael. Chi è capace di scrivere quello che lui ha scritto, di dare forma di parole e frasi all'orrore puro di cui è stato protagonista non dimostra solo determinazione e coraggio. Fa a noi, a tutti noi, un grande dono. Ci porta nella foresta a sgozzare uomini donne e bambini, bruciare villaggi, vedere il sangue scorrere nei fiumi. A vedere com'è il mondo che non vogliamo vedere.

Grazie Ishmael.

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La sentenza di Cefalonia http://buffa.blogautore.repubblica.it/2007/08/19/la-sentenza-di-cefalonia/ http://buffa.blogautore.repubblica.it/2007/08/19/la-sentenza-di-cefalonia/#comments Sun, 19 Aug 2007 16:36:24 +0000 http://buffa.blogautore.repubblica.it/2007/08/19/la-sentenza-di-cefalonia/ Istantanea senza immagine perché è, sostanzialmente, la continuazione di quanto avevo scritto in Grazie. Si parla di Cefalonia e del massacro della divisione Acqui. Poco prima di ferragosto il Manifesto ha dato notizia della decisione del magistrato tedesco di non continuare le indagini su quella strage perché non ci sono elementi per considerare quegli omicidi degli "omicidi aggravati". Su questa notizia Marcella De Negri, figlia del capitano Francesco De Negri, trucidato a Cefalonia, e il giornalista Franco Giustolisi, autore dell'Armadio della Vergogna, hanno scritto una lettera aperta. Io vorrei dire due sole cose.
1. La notizia che viene da Dortmund è di quelle che trasmettono amarezza e senso di giustizia incompiuta. Difficile far finta di nulla e difficile liquidare la questione con un "è passato tanto tempo...". Quello che è successo in quegli anni non deve essere dimenticato e ci si dovrebbe proporre, ogni anno, di leggere qualche pagina che racconta. Io, in questi giorni, ho letto "Il morto nel bunker", di Martin Pollack, (Bollati Boringhieri, 2007).
2. Su Cefalonia possiamo dirci, con serenità, che non c'è più bisogno della sentenza di un qualunque giudice per sapere cosa è successo in quell'isola dopo l'8 settembre 1943. La storia, fatta di documenti e testimonianze, la sua sentenza l'ha già emessa da tempo. Fu un massacro a sangue freddo di militari che non avevano voluto cedere le armi senza combattere. Uno dei primi atti della resistenza e della nuova Italia, aveva detto Carlo Azeglio Ciampi quando stava al Quirinale. Come a Porta San Paolo, come in decine di altri posti dove i soldati italiani vennero sorpresi dall'armistizio. Ma Cefalonia fu quello più drammatico e sanguinoso. Li rappresenta tutti.

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C’è figlio e figlio http://buffa.blogautore.repubblica.it/2007/04/12/ce-figlio-e-figlio/ http://buffa.blogautore.repubblica.it/2007/04/12/ce-figlio-e-figlio/#comments Thu, 12 Apr 2007 16:00:41 +0000 http://buffa.blogautore.repubblica.it/2007/04/12/ce-figlio-e-figlio/ Negli Stati Uniti sta facendo scandalo e in Italia ne ha dato notizia, tra gli altri,rebecca1.jpg
il Corriere della Sera. E' la tesi sostenuta da Rebecca Walter, nel suo ultimo libro Baby love. La scrittrice americana, mamma adottiva di Solomon (partorito dalla sua ex compagna Me'shell Ndegéocello) e mamma naturale di Tenzin, ha fatto un ragionamento semplice e dirompente: l'amore per un figlio adottivo non è intenso come quello che si sente per il sangue del proprio sangue. E ha esemplificato: per Tenzin sarei pronta a morire, per Salomon non penso che farei lo stesso.
Quando si toccano l'amore filiale insieme alla vita e alla morte si va dritti al cuore di tutti. Allora guardiamo negli occhi questa donna dai modi spicci e ragioniamo sulle sue parole.
Io ho due figli, come dire, "di sangue", e per loro sarei pronto a morire. Se accanto a loro ci fosse un figlio adottivo forse, come per la Walker, non sarebbe la stessa cosa, proverei un qualcosa di diverso e, probabilmente, non sarei pronto a morire. Ma me ne vergognerei e mi obbligherei a offrire ugualmente il petto per un motivo molto semplice.
Nel momento in cui si decide di adottare un figlio immagino (perché personalmente non mi è capitato) che ci si debba impegnare con lui, e con se stessi, a considerarlo un figlio a tutti gli effetti. Uguale a figli naturali che si hanno o si avranno, uguale ad altri figli adottivi.
Un impegno verso di lui e verso noi stessi che ci impone di controllare il nostro comportamento più spontaneo e di onorare la parola data.
Anche se non vieni dal mio sangue, anche se preferirei non farlo, sono pronto ugualmente a morire per te.
Se non ce la sentiamo di poter arrivare a questo vuol dire che adottare non è la nostra missione.

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