Istantanea » Libia http://buffa.blogautore.repubblica.it Just another Blogautore.repubblica.it weblog Wed, 11 Jul 2018 15:14:30 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=3.8.27 Il monito dell'anforetta di Tobruch http://buffa.blogautore.repubblica.it/2016/03/05/il-monito-dellanforetta-di-tobruch/ http://buffa.blogautore.repubblica.it/2016/03/05/il-monito-dellanforetta-di-tobruch/#comments Sat, 05 Mar 2016 19:50:49 +0000 http://buffa.blogautore.repubblica.it/?p=2500 IMG_3420Migliaia di uomini pronti a partire, la più grande spedizione militare italiana dal 1943. Incursori, marò, navi appoggio. Nelle cronache che annunciano come prossimo lo sbarco italiano in Libia c'è qualcosa di ineluttabile e quasi di trionfalistico. Un trionfalismo che in alcuni casi è davvero malcelato.

Così, dopo un anno, ho rimesso sulla mia scrivania l'anforetta di Tobruch che mio nonno, ufficiale di carriera, riportò dalla Libia occupata nel 1912 (e di cui parlai qui). L'ho messa sulla scrivania e l'ho guardata per un bel po' come feci un anno fa, quando si iniziò a parlare di una spedizione militare ormai prossima.

E' un'anforetta per me preziosa. Mi porta con sé in un viaggio nel tempo, mi fa riflettere. E lancia il suo monito che, anche questa volta, mi fa dire un paio di cose ovvie ma che spesso vengono dimenticate. Quando si parla di armi e di guerra bisognerebbe usare la massima cautela. E prima di premere il grilletto bisogna provarle tutte, davvero tutte.

Per questo ha fatto bene Matteo Renzi, come fece un anno fa, a moderare i toni e a chiedere equilibrio, prudenza e buon senso. E bene fanno personaggi come Romano Prodi a sottolineare i terribili rischi che una spedizione italiana in Libia porterebbe con sé. Meglio ascoltare parole come le sue che leggere di piani di battaglia.

 

 

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L'anforetta di Tobruch http://buffa.blogautore.repubblica.it/2015/02/17/lanforetta-di-tobruch/ http://buffa.blogautore.repubblica.it/2015/02/17/lanforetta-di-tobruch/#comments Tue, 17 Feb 2015 15:17:45 +0000 http://buffa.blogautore.repubblica.it/?p=2402 A casa, sullo scaffale di una libreria, ho una minuscola anfora dal sapore molto antico e con una etichetta su cui è scritta, a matita, un'unica parola: Tobruch. La riportò mio nonno, nel 1912, dalla Libia dove era andato a combattere e che era appena diventata italiana .

In questi giorni ho guardato spesso quell'anforetta, l'ho tolta dal suo posto e messa sulla scrivania, ho ripensato ai pochi racconti del nonno, sono andato a guardarmi qualche foto e a rileggere qualche pagina su quella conquista e su quello che ne seguì, soprattutto negli anni Venti e Trenta.

Probabilmente finirà davvero che soldati italiani sbarcheranno nuovamente in quella terra, questa volta non per occupare ma per difendere le frontiere meridionali dell'Europa e quelle del nostro paese. Ma la storia di allora e la storia recente dovrebbero avere insegnato che modelli sociali e politici non si esportano, che la pace non si impone, subito,  con le armi. Che la pace, caso mai, la si cerca mediando, aiutando, affidandosi alla forza della diplomazia, della politica. Solo se tutto questo non fosse sufficiente sarebbe forse legittimo usare le armi.

Ecco perché ha fatto bene Matteo Renzi a premere per un'azione diplomatica e quindi, indirettamente, a smentire i suoi ministri che avevano parlato di un'Italia "pronta all'intervento militare".

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I beduini e la sinistra http://buffa.blogautore.repubblica.it/2009/09/01/i-beduini-e-la-sinistra/ http://buffa.blogautore.repubblica.it/2009/09/01/i-beduini-e-la-sinistra/#comments Tue, 01 Sep 2009 15:58:57 +0000 http://buffa.blogautore.repubblica.it/?p=432 pedica1

"Prendiamo ordini dai beduini e non dal ministro La Russa". Letta questa frase, in relazione alla questione delle Frecce Tricolori in Libia sono tornato almeno tre volte a leggere il nome dell'autore. La frase è di Stefano Pedica (nella foto), senatore dell'Italia dei Valori, il movimento di Antonio Di Pietro, alleato del Partito democratico alle ultime elezioni. Insomma, è un senatore della sinistra, vasto e variegato schieramento politico del quale penso di far parte.

Ecco. Se Pedica è di sinistra io non so più chi sono. Perché in quella frase c'è un profondo disprezzo non tanto per Gheddafi, che sarebbe lecito e legittimo anche se poi ciascuno può o meno condividerlo. Ma verso un popolo che invece, per il solo fatto di esistere su questa terra, merita rispetto.

Perché, si badi bene, un conto sarebbe stato dire "dai libici", affermazione che equivarrebbe a ribadire un lecito e legittimo orgoglio nazionale.

Un conto usare il termine "beduini" in un contesto che ne accentua il contenuto spregiativo. Pensate se invece di dire "giapponesi" si dicesse "gialli".

E' per questo che se Pedica è di sinistra io non lo sono più.

O forse è lui che è dalla parte sbagliata.

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Frecce tricolori, restate a casa per favore http://buffa.blogautore.repubblica.it/2009/08/24/frecce-tricolori-restate-a-casa-per-favore/ http://buffa.blogautore.repubblica.it/2009/08/24/frecce-tricolori-restate-a-casa-per-favore/#comments Mon, 24 Aug 2009 19:46:21 +0000 http://buffa.blogautore.repubblica.it/?p=418 freccetricolori1

gheddafi

Apprendere che le Frecce tricolori voleranno su Tripoli mi ha infastidito. Di pelle, d'impulso.

Ho rivisto davanti ai miei occhi l'immagine di Gheddafi da Giorgio Napolitano con la foto di Omar al-Mukhtar attaccata al petto (qui sopra) e le scene del Leone del deserto che raccontano le ignominie italiane in Libia. E ho cercato di capire il perché del fastidio provato appena letta la notizia.

Vedere il tricolore distendersi sul cielo di Tripoli non piacerebbe a Omar al-Mukhtar, che combatté gli invasori italiani e finì impiccato. Lo vedrebbe come un ritorno sulla sua terra della bandiera odiata, un'ostentazione di potenza.

E non piace nemmeno a chi, al contrario,  vede nell'esibizione della Pattuglia acrobatica un regalo al dittatore salito al Quirinale con quella foto al petto. Al dittatore che non blocca i disperati in fuga dall'Africa. Al dittatore che  accoglie come un eroe l'assassino di Lockerbie.

Ecco dunque perché mi sono infastidito.

Un po' per rispetto di Omar al-Mukhtar e di tutti i libici uccisi durante l'occupazione italiana. Un po' per rispetto di noi stessi. Un po' per rispetto della giustizia.

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Dalla morte all’ergastolo http://buffa.blogautore.repubblica.it/2007/07/18/dalla-morte-allergastolo/ http://buffa.blogautore.repubblica.it/2007/07/18/dalla-morte-allergastolo/#comments Wed, 18 Jul 2007 10:03:54 +0000 http://buffa.blogautore.repubblica.it/2007/07/18/dalla-morte-allergastolo/ saif.jpg
Niente più patibolo per le infermiere bulgare e il medico palestinese, una buona notizia che va subito registrata. La decisione è della Corte superiore delle istanze giudiziarie di Tripoli. Adesso, probabilmente, scatterà l'estradizione a Sofia. Resta da capire se e cosa hanno avuto in cambio le autorità libiche oppure se tutto è avvenuto per "amor di giustizia".
Ufficialmente la svolta è passata attraverso i risarcimenti di cui si è occupato, con la sua fondazione, Saif al Islam al Gheddafi, figlio del colonnello (è per lui l'istantanea di oggi). Un milione di dollari, secondo quanto riferiscono i giornali, a ciascuna delle famiglie dei bimbi malati.

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La scivolata http://buffa.blogautore.repubblica.it/2007/07/12/la-scivolata/ http://buffa.blogautore.repubblica.it/2007/07/12/la-scivolata/#comments Thu, 12 Jul 2007 17:08:27 +0000 http://buffa.blogautore.repubblica.it/2007/07/12/la-scivolata/ infermiere.jpg

Aula della Corte suprema libica. Dietro le sbarre le cinque infermiere bulgare accusate, insieme a un medico palestinese, di aver infettato con il virus dell'Aids oltre 400 bambini dell'ospedale di Bengasi. La corte conferma la condanna a morte malgrado sia da tempo provata la loro innocenza (arrivarono in Libia dopo la diffusione del virus) e ci siano stati appelli un po' da tutto il mondo e in particolare dalla Ue.
Oggi è bene soffermarsi sui volti di queste donne perché la loro vicenda, iniziata con l' arresto nel febbraio del 1999, è una di quelle che "scivolano via". I giornali ne parlano da tanti anni, le puntate sono distanti l'una dall'altra anche parecchi mesi, il tutto acquista il sapore di una storia senza fine e i lettori, e quindi l'opinione pubblica, tendono a lasciarla "scivolare" o a "scivolarci sopra", cioè a leggere il titolo di sfuggita o addirittura a saltare la pagina in seguito a una sommaria e inconscia catalogazione. "Le infermiere bulgare, storia vecchia, chissà quando finirà...".
E invece stanno scorrendo davanti ai nostri occhi i fotogrammi di un film orrendo, di quelli che non dovrebbero mai essere girati e ai quali non vorremmo mai assistere. La trama è semplice nella sua inumanità: sei persone sono in galera da otto anni, in un braccio della morte, quando è stata acquisita da tempo la certezza scientifica della loro innocenza. Chi conosce bene la Libia sostiene che il medico e le infermiere altro non sono che una preziosa merce di scambio in mano al regime libico. Probabilmente non verranno mai giustiziati ma il cappio che pende davanti a loro serve ad ottenere qualcosa di molto prezioso in cambio della vita dei prigionieri.
La vita umana come merce. Ecco perché se ci dovessimo ancora sorprendere nel lasciar scivolare via le "infermiere bulgare" dovremmo vergognarci di noi stessi.
documentazione

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